PALERMO – Un nuovo giallo da chiarire, quello dei due cadaveri trovati nella diga Garcia, mentre un altro resterà probabilmente tale per sempre: la foiba di Roccamena.
A fine novembre sono affiorati dalle acque della diga Garcia (oggi intitolata al cronista giudiziario del Giornale di Sicilia Mario Francese che sugli interessi della mafia indagò per primo con una lungimiranza e una capacità di analisi inarrivabili), in territorio di Contessa Entellina, il cui livello si era abbassato per le scarse precipitazioni, i resti di due persone con accanto una corda e un cubo di cemento.
Si tratta di ossa umane. Il sesso, l’età e il tempo di permanenza nel luogo del ritrovamento dovranno essere accertati dai carabinieri del Ris. E bisogna estrarre il Dna per confrontarlo con quello di persone scomparse negli ultimi anni. Tra cui gli imprenditori Antonio e Stefano Maiorana, spariti nel nulla nel 2007. Una vicenda piena di misteri che di recente si è arricchita di un muovo capitolo, tra ricatti sessuali, intercettazioni e contatti mai chiariti.
Un’operazione che a nulla è servita per la caverna dell’orrore di Roccamena. Nel 2016 furono trovati i resti di quattordici cadaveri. Si trattava di undici uomini adulti e due bambini. Sono state eseguite diverse comparazioni con il Dna dei parenti di persone scomparse. Tutti hanno dato esito negativo.
L’esame al carbonio 14 ha consentito di datare le ossa. Risalgono quasi tutte agli anni ’30 e ’40, ma ci sono dei resti risalenti agli anni ’70. Potrebbe dunque trattarsi di persone morte durante la seconda guerra mondiale a cui si sarebbero aggiunte vittime di lupara bianca.
Morti ammazzati dalla mafia, probabilmente. Nella caverna in contrada Casalotto c’erano teschi, ossa, frammenti di indumenti, scarpe e bossoli di fucile. Un ritrovamento, quest’ultimo, che spinse gli investigatori a ritenere che si potesse trattare di morti ammazzati.
Un cimitero di Cosa Nostra dove venivano sepolti cadaveri uccisi anche lontano da Roccamena. Come se si fosse sparsa la macabra voce che da quelle parti esisteva un luogo sicuro dove disfarsi dei cadaveri. Un luogo che ricadeva sotto l’egida di Bartolomeo Cascio, patriarca di Roccamena, fedelissimo dei corleonesi. Non è casuale che la fonte confidenziale che condusse i carabinieri nella caverna avesse deciso di rompere il silenzio subito dopo la morte del capomafia.
Non è escluso che nella grotta ci possano essere molti più cadaveri, ma scendere ancora in profondità sarebbe troppo rischioso. Servirebbe un grosso investimento per le operazioni di recupero. Al momento la vicenda è ferma, così come il fascicolo investigativo a meno che non saltino fuori nuovi elementi.