– Zio, la prendi un’altra fetta di cassata….? No, grazie, passo al caffè… Guarda c’è la D’Urso in tv con la mamma di Loris a Domenica Live…. Con Veronica? Ma se è in galera…. Cioè con la mamma della mamma…. Con la nonna…? Sì, la nonna… –
Ed ecco che, nel finale di tavola di una domenica, lo show irrompe nel rito post-prandiale e lo alimenta. C’è , appunto, Barbara D’Urso su canale Cinque. Intervista Carmen Anguzza-Panarello, nonna di Loris, il bimbo ucciso a Santa Croce Camerina, figlio di Veronica (che è figlia di Carmen) attualmente in cella con l’accusa di omicidio. Il menù viene scodellato su un delicato letto d’orrore, grazie a una precisa apparecchiatura confessionale. Barbara, col celebre luccichio dursesco degli occhi, quel brillare cumulativo che sa modularsi – come farà? – fino a collimare con gli sguardi dei teleutenti, interroga (non inganni il sussurro che rende soffice l’estrazione di pezzi di carne viva dalle labbra dell’interlocutore).
Carmen risponde, con i capelli fonati e con l’auricolare che la rende simile ad Ambra nel regno di Boncompagni ai tempi di ‘Non è la Rai’. Risponde Carmen, mentre si confessa dell’inconfessabile peccato di essere vera. Quando il meccanismo si mette in moto con udibile ronzio metallico, i profili si riunificano. Non ci sono più Barbara D’Urso, star della tv dursesca e del luccichio, e Carmen P., casalinga di Santa Croce, portata alla ribalta dal martirio di suo nipote Loris Stival. Al loro posto, Barbara e Carmen, amiche di lunga data, figure parigrado, raffigurate nel tinello di una casa trasparente, dove è quasi possibile sentire l’odore del caffè appena fatto.
Conversano, dandosi di tu, Carmen e Barbara: di sangue fresco come il caffè, di strazio, di dolore, di tentati suicidi veri o presunti, di rancori tra famiglie, di sospetti e maldicenze, di detti e contraddetti, del liquido urticante versato nel dopopranzo della domenica precedente da Antonella, sorella di Veronica. Lo fanno con un pathos televisivo che annulla il peso della realtà. E’ l’adulterazione necessaria per vendere il prodotto raffinato, togliendo la malvagità grezza.
Prendo il corpo di un bambino ammazzato. Con le parole e la regia, lo smonto, lo rimonto, lo riduco in minuscoli pezzetti che venderò, puntata dopo puntata. Non sia mai che la vita sporchi con le sue ditate prepotenti la tovaglia di lino stesa sulla tavola della domenica. Gli spettatori guarderanno volentieri la confessione della donna col microfono (non è Ambra?) alla donna dalle immense pupille luccicanti, solo se tiepida, depurata da troppi brividi caldi. Così va cucinata la rassicurante quiete dopo il delitto.
– Zio, la cassata la vuoi o no? Oppure gradisci l’amaro… Zitti, zitti, fatemi sentire. Ora la spara grossa… –
Carmen si affaccia sullo schermo e pronuncia la battuta magistrale, con piglio scecspiriano: “Da quel momento la famiglia Stival si è presa mia figlia”. Seconda botta: “Credo nella sua innocenza”. Quale figlia? Quale momento? Che innocenza? Impossibile seguire il filo nel clangore di tazzine.
– Per me è stata Veronica. L’ha uccisa lei, con quella faccia… Zio, come fai a dirlo, una madre non uccide mai un figlio…. Ah sì, e la mamma di Cogne… Connie, chi, la zia Concetta…? Cogne, Santo Dio, Cogne! E quell’altro, il tizio, come si chiama? Alberto Stassi, ecco… E che c’entra con Veronica… ? No, solo per dire che quando uno è assassino ha appunto una faccia da assassino -.
La tavolata domenicale ribolle di grida da tribunale del popolo. Carmen Panarello è incontenibile: “Non la volevo fare abortire” (ma chi? Dannato caffè), il luccichio degli occhi di Barbara raggiunge la sua stessa idea platonica, non era mai stato tanto luccicante. Scorrono i sottotitoli, come per i risultati delle partite: “Tra poco la lite con il cacciatore”, “A breve le parole della sorella”. A Barbara D’Urso tremano le labbruzze. Scandisce: “Il momento tremendo della morte del piccolino”. Carmen piange. Anche Barbara piange. La confessione si scioglie nell’eucarestia delle lacrime in diretta.
Nel frattempo, lo zio russa sul divano. Il caffè che era fresco finisce nel barattolo del giorno dopo. Loris, con la sua faccia da bambino, svanisce, in dissolvenza. Tra poco la lettera di Fabrizio Corona. Naturalmente, dopo la pubblicità.