La foto sfocata di un prete sorridente

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02 Marzo 2011, 15:57

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C’è un’anziana ex professoressa di Lettere che passa gran parte della sua giornata tra un letto e una poltrona. I pochi passi che fa li deve ad un girello, e i libri, pazientemente accatastati vicino alla poltrona, sono i suoi inseparabili compagni di giornate spesso tutte uguali interrotte solo da una voce amica al telefono o dalla visita delle figlie. Ma più della visita delle figlie o della telefonata di una parente lontana questa donna aspetta settimanalmente la visita del ministro straordinario per fare la comunione e la periodica visita di don Franco per confessarsi. Don Franco ora non c’è più e questa donna dovrà confrontarsi con la tragica scomparsa di quel piccolo prete sempre sorridente che sapeva portarle conforto e speranza, che veniva da lei anche se non apparteneva territorialmente alla parrocchia dei preti orionini e che nel giorno del funerale di suo marito, subito dopo aver smesso i paramenti sacri, corse da lei per portarle la comunione, una di quelle ostie che aveva consacrato davanti al feretro dell’amato marito.

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Di episodi simili, di queste foto sfocate di quel prete sorridente ne è piena la via don Orione e tanti, sicuramente meglio di me, potranno, e spero vorranno, raccontare l’amore che don Franco Galizia metteva nel suo ministero, per tutti e per ciascuno. Eppure c’è questa tragica morte a turbare la narrativa dell’amore, a insinuare il tarlo del dubbio anche nella più granitica fede, ad alimentare il fiume carsico delle chiacchiere e delle supposizioni. L’unica risposta che possiamo dare a questa tragedia è l’atteggiamento sapienziale del silenzio, un silenzio che non è omertà o vergogna, ma un condizione necessaria per capire il senso di questa morte. Sì, perché nell’inspiegabile disegno divino questa morte, per quanto assurda e tragica, ha un senso che può essere compreso solamente nel silenzio e nella preghiera. A tal proposito mi ha sempre stupito l’atteggiamento di Gesù nel Vangelo di Luca quando nel capitolo tredicesimo alcuni gli chiedono conto delle morti tragiche causate da una cruenta repressione del prefetto Pilato o dal crollo di una torre a Siloe; Gesù non risponde a domande su quelle tragedie, ma ricava domande da quelle tragedie che riguardano chi rimane, nella convinzione che il tempo è un dono di Dio da vivere, da interpretare nei suoi eventi e da mettere a frutto. Il sorriso di don Franco continuerà a riscaldare il cuore di coloro che l’hanno amato e stimato, ma sarà anche una domanda per la comunità cristiana che sarà chiamata, nel confronto con la tragedia, a dare “frutti degni di conversione” (Lc 3,8).

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02 Marzo 2011, 15:57

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