La guerra della Lega a Palermo |Arrivano le prime espulsioni

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29 Novembre 2019, 09:49

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PALERMO – Continua la guerra all’interno della Lega di Palermo. Dopo la rivolta di consiglieri comunali e di Circoscrizione, con la firma di un documento durissimo nei confronti del responsabile Enti locali per la Sicilia occidentale Igor Gelarda e del commissario provinciale Antonio Triolo, scattano tre espulsioni: i consiglieri comunali di Bagheria Anna Zizzo e Michele Rizzo, oltre al consigliere di Circoscrizione Andrea Aiello, finiscono nel mirino di Triolo che ne annuncia l’espulsione “per aver ripetutamente violato il codice etico” e le norme “regolamentarie e statutarie del partito”. I tre erano tra i firmatari del documento con cui si prendevano le distanze dalla gestione del partito a Palermo targata Gelarda e Triolo. Tra i ‘ribelli’ che sottoscrissero il documento anche Elio Ficarra, numero due di Gelarda nel gruppo della Lega al consiglio comunale di Palermo. La nota fu liquidata così da Gelarda: “Politicamente insignificante, i reali firmatari sono soltanto otto”.

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La decisione di espellere i tre è arrivata al termine di un colloquio che però non ha portato a una schiarita nei rapporti. Non è andata giù ai vertici del partito la mossa che ha reso pubbliche divisioni e dissapori che da tempo serpeggiavano tra i leghisti palermitani ma al momento le espulsioni sono soltanto tre. Presente all’incontro che ha certificato l’insanabilità della frattura anche il commissario regionale del partito, Stefano Candiani. “Non è pensabile – afferma Triolo – che nel nome di polemiche interne, giuste o sbagliate che esse siano, la Lega sia trascinata in polemiche giornalistiche da parte di chi evidentemente non ha chiaro il suo ruolo e gli obblighi di rispetto tra gli iscritti, verso il partito e verso Matteo Salvini e il lavoro che sta facendo per il Paese. La struttura della Lega a Palermo opera in costante contatto e secondo le indicazioni degli organi regionali e nazionali – evidenzia il commissario provinciale del Carroccio -. Nel rispetto del diritto a dissentire di ciascuno, non si può consentire che questo dissenso sia trasformato, per motivi di risentimento o per perseguire visibilità personale, in polemiche pretestuose e infondate sulla stampa”. Per Triolo “il dibattito democratico è una ricchezza, il ricorso ad attacchi a mezzo stampa no”.

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29 Novembre 2019, 09:49

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