Franco e Laura, la scommessa |Mandorleti nella Piana - Live Sicilia

Franco e Laura, la scommessa |Mandorleti nella Piana

L’agricoltore: “Sono convinto che la Sicilia potrà ricoprire un ruolo interessante, difficilmente però potrà recuperare gli antichi fasti”. L’asso nella manica è il metodo di raccolta tradizionale, “l’agricoltura biologica e il rispetto della biodiversità”.

imprenditoria
di
2 min di lettura

BELPASSO- Mandorleti nella piana di Catania: la scommessa di Franco e Laura. Galeotto fu un viaggio in Puglia, per l’esattezza a Martina Franca. E’ il 1982 quando Franco Di Pino, agricoltore catanese che lavora nel siracusano, nota dei mandorli “stracarichi”. Incuriosito dalla differenza tra i mandorleti siracusani e quelli pugliesi, decide di chiedere informazioni a un esperto: il professore, Ciccio Monasta. E’ in quell’occasione che sente parlare di alcune varietà di mandorle (tuono ferragnes e supernova), in grado di sfidare le gelate invernali, che si prestano bene anche al territorio isolano. Tornato a Noto inizia a coltivare 13 ettari di terreno che nel giro di dieci anni diventano 130. “Un risultato lusinghiero”, dice Franco. Passano gli anni e, complice la riforma Fornero, Franco decide di continuare con la sua attività. In più sua figlia Laura, laureata in Scienze e tecnologie agroalimentari, non trova lavoro e al contempo non vuole abbandonare la sua città.

“In tempi in cui il lavoro scarseggia, soprattutto per i giovani, ci siamo scommessi e abbiamo deciso di inventarcelo”. “Vista l’esperienza di papà nel settore – continua- abbiamo deciso di stravolgere lo scenario paesaggistico della piana di Catania, perché noi siamo catanesi e io non me ne voglio andare”, racconta Laura. L’idea visionaria, cioè affiancare i mandorleti ai tradizionali agrumeti della piana, diventa pian piano realtà. All’origine della passione per i mandorleti c’è anche una considerazione di tipo campanilistico, tenuto conto che l’Italia negli anni 60 era il primo produttore mondiale. Oggi, invece, in testa alla classifica c’è la California con l’82% della produzione mondiale e il nostro paese produce appena l’1% del prodotto, che in buona parte viene esportato. Forti del vantaggio competitivo di un prodotto non deperibile, dell’aumento della domanda mondiale e della fase di stallo del settore degli agrumi, Pino e Laura si mettono in gioco. “Sono convinto che la Sicilia potrà ricoprire un ruolo interessante, difficilmente però potrà recuperare gli antichi fasti”.

Gli assi nella manica è il metodo di raccolta tradizionale, “l’agricoltura biologica e il rispetto della biodiversità”. Tutti elementi che differenziano il prodotto italiano da quello californiano penalizzato da una serie di fattori, dalla siccità alla moria invernale delle api (fondamentali per l’impollinazione) legata all’utilizzo di pesticidi. Insomma, Laura e suo padre ci credono e già guardano al futuro. “Ci siamo inventati un’attività. La nostra speranza è di allargare i nostri 20 ettari e dare la possibilità di lavorare anche ad altre persone”, dice con orgoglio Laura. “Ci siamo scommessi, abbiamo fatto un grosso sacrificio economico e oggi siamo fieri. Mia mamma dice che prima aveva due figlie e adesso ne ha 4200 (gli alberi del mandorleto)“.

 

 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI