05 Febbraio 2021, 10:11
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PALERMO – Vi siete mai chiesti perché le donne compaiono nella storia marginalmente? Sono rimaste fuori dai racconti degli storici che parlano prevalentemente dei fatti politici, da cui le donne, confinate nel privato, sono state escluse. È da questo vuoto storiografico che nasce “La Scuola racconta una donna”. Un progetto portato avanti dall’Udi Palermo per tentare una rivoluzione culturale che modifichi il rapporto tra i sessi, improntandolo al rispetto della differenza e prevenga la violenza. L’iniziativa si rivolge alle scuole, per ridisegnare il processo dell’educare tenendo conto dell’esistenza di due soggetti: l’uomo e la donna.
“Occorre che la storia valorizzi il femminile, riscoprendo e portando a conoscenza donne autorevoli”, spiegano le componenti dell’Udi Palermo. Questo per consentire a bambine e ragazze di conoscerne la vita, la parola, il pensiero, da cui prendere nutrimento e permettere a bambini e ragazzi di acquisire consapevolezza della propria parzialità, di confrontarsi con un’altra misura umana: quella femminile. “Studiamo e insegniamo una storia incompleta – dice Daniela Dioguardi, femminista storica del movimento palermitano e professoressa di Lettere in pensione – da cui siamo state cancellate, pur avendone sostenuto il peso e che nulla dice del conflitto tra i sessi, non si può continuare a fare ricerca, insegnare, studiare come se nulla fosse stato. Si devono riportare alla luce le donne che, sfidando con fatica, determinazione e anche scaltrezza, divieti e pregiudizi sono riuscite a produrre pensiero”.
Questa cancellazione può aiutarci a capire perché le donne continuano a essere vittime di violenza maschile. Per la Convenzione di Istanbul il raggiungimento dell’uguaglianza di diritto e di fatto è un elemento chiave per prevenirla. Ma si è più volte detto anche che l’aspetto culturale è fondamentale così come l’educazione e la formazione.
La cronaca racconta che nella stragrande maggioranza dei casi la reazione selvaggia si scatena quando la donna decide di troncare il rapporto e spesso l’esito finale è il suicidio dell’autore del delitto. Gli uomini quindi cadrebbero in una profonda crisi d’identità e non saprebbero confrontarsi con donne che sono cambiate, che si sottraggono al loro dominio e aspirano alla realizzazione di sé, manifestando apertamente desideri e contrarietà. La tipologia più frequente di femminicidio ci fa pensare che sia indizio non tanto della forza del patriarcato ma della sua crisi prodotta dalla venuta al mondo della libertà femminile. “Il femminicidio è l’esito estremo di una violenza più generale, invisibile, simbolica – dice Dioguardi- che si manifesta anche in quello che dicevamo: nella cancellazione della donna dal patrimonio culturale che si trasmette ancora oggi nella scuola”. La drammatica e terribile uccisione di Roberta Siragusa deve farci riflettere: bisogna intervenire subito e bene perché siamo ancora lontani dal cambiamento culturale necessario.
Così nei loro incontri, le donne dell’Udi Palermo affrontano argomenti come quelli della conquista della cittadinanza e dei diritti, delle donne che hanno contribuito a scrivere la Costituzione, dell’abitare la polis come uomini e come donne e della crisi ecologica ed etica della cura. “Raccontare una donna – spiegano – significa sottrarla all’oblio, diffonderne la conoscenza, promuoverne la valorizzazione, renderla significativa per tutti, uomini e donne”. Anche se restituire le donne alla storia non basta, si deve soprattutto restituire la storia alle donne “va aggredito l’impianto storico tradizionale fondato sulla pretesa della scientificità e oggettività”, spiega la componente dell’Udi. “C’è la necessità – aggiunge – che le giovani conoscano le loro antenate per costruire una genealogia, una tradizione femminile, da cui trarre forza e valore. Negli anni sono significativi i cambiamenti politici, sociali e culturali che hanno modificato la condizione delle donne. Ma nella scuola si continua a insegnare una storia tutta al maschile”. L’obiettivo de “La scuola racconta una donna” non è produrre uno spazio storico separato di donne per le donne ma fare storia, tout court, di uomini e di donne, utilizzando la categoria di genere. “Lo studio dei ruoli sessuali – prosegue la professoressa – del loro rapportarsi, pone la necessità di avere strumenti teorici più adeguati e di cercare e studiare fonti e tracce trascurate, dimenticate, e contemporaneamente di reinterpretare quelle note”.
La scuola è uno dei luoghi privilegiati attraverso cui la società trasmette da una
generazione all’altra il patrimonio di conoscenze, valori, tradizioni che la caratterizzano e può sicuramente aiutare il cambiamento. “Occorre portare a compimento la rivoluzione culturale e simbolica iniziata dal femminismo – spiega la professoressa Dioguardi – anche se non è facile. Abbiamo sulle spalle il peso di una tradizione patriarcale millenaria che, senza accorgercene, noi docenti continuiamo a trasmettere anche quando aggiungiamo qualcosa alla consueta attività didattica: progetti di pari opportunità, incontri con esperti/e sulla violenza contro le donne, che oggi si moltiplicano con troppa superficialità, o altro ancora, pensando di agire a favore delle donne. Ma aggiungere argomenti, discipline non serve assolutamente a nulla – conclude – se non si ripensa e si rivede criticamente tutto quello che si insegna e come lo si insegna”.
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05 Febbraio 2021, 10:11