Cronaca

La Sicilia agli ultimi giorni di zona rossa, ma il Covid c’è ancora

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27 Gennaio 2021, 20:01

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PALERMO- E’ verosimile che questi siano gli ultimi giorni di ‘zona rossa’ in Sicilia e che, a breve, il colore arancione, nella variazione cromatica stabilita dal governo nazionale, sarà la tonalità dominante, dopo due settimane di restrizioni e controlli. I segnali che arrivano sono chiarissimi e rappresentano una sorta di mediazione tra la necessità di fronteggiare la pandemia e l’esigenza di ridurre il danno dell’economia, in mancanza di risorse per programmare un lockdown.

“Fuori il 31 gennaio”

Nella sua relazione, oggi, all’Ars, l’assessore alla Salute, Ruggero Razza, lo ha detto chiaro e tondo: “Speriamo di potere essere fuori dalla zona rossa il 31 gennaio. La zona rossa adottata due settimane fa è stata una decisione necessaria. Questo perché all’inizio del nuovo meccanismo di monitoraggio un decreto legge aveva individuato una soglia di cinquanta casi ogni centomila abitanti nell’ultima settimana: quasi tutto il territorio della nostra regione, in quei giorni, si trovava in quella condizione”. Per la verità, il passaggio, nonostante gli auspici, non è scontato, anche se probabile: “Nelle prossime quarantotto ore potremo comprendere se le decisioni prese di concerto con lo Stato hanno limitato il contagio e hanno evitato un danno significativo per l’apparato produttivo e capire se l’indice Rt ci potrà consentire di condividere con il governo centrale una valutazione che vede il possibile declassamento di rischio per la Sicilia”, sono ancora frasi dell’assessore che in una intervista a LiveSicilia.it ha dichiarato: “Notiamo, come ha spiegato il presidente Musumeci, un calo di pressione dei contagi da qualche giorno. Questa è una settimana molto importante e speriamo che questo dato si possa consolidare. Sarà la forza dei comportamenti individuali, nelle prossime settimane, a consentirci una maggiore serenità. Ovviamente, se si verificheranno atteggiamenti responsabili”.

Cosa dicono gli ultimi dati

I dati nudi e crudi dicono questo: nell’ultimo bollettino ci sono 996 nuovi positivi in Sicilia, su 29.270 tamponi processati con una incidenza del 3,4%. L’isola è sesta per contagio dopo il Veneto, la Lombardia, il Lazio, la Puglia, Campania. Le vittime sono state 38 nelle ultime 24 ore e portano il totale a 3.334. Il totale degli attualmente positivi è 47.030, con un decremento di 449 casi rispetto a ieri. La distribuzione nelle province vede Catania con 230 casi, Palermo: 270, Messina 192, Trapani 87, Siracusa 97, Ragusa 15, Caltanissetta 52, Agrigento 36, Enna 17. Sono numeri fortemente e fortunatamente in ribasso, rispetto ai giorni scorsi, ma raccontano che il Covid circola. Oltretutto, la campagna vaccinale va a rilento per le note difficoltà e i tagli a livello europeo.

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Convivere con il Covid

Lo stesso Razza, nella chiacchierata con il nostro giornale, ha centrato il punto: “Vivremo per alcuni mesi con la necessità ulteriore di convivere con il virus che circolerà. L’Italia ha deciso di non adottare il lockdown. Benissimo, ma dobbiamo sapere che questo favorirà una presenza significativa di contagi. Credo che saremo in questa situazione fino all’estate del 2021”. Un’osservazione che ricorda quel dato di fatto: il Covid c’è ancora, ecco perché servirà attenzione. Ecco, anche, perché il commissario per l’emergenza a Palermo e provincia, il dottore Renato Costa, riprende il concetto: “Questo è il momento topico, serve la responsabilità dei comportamenti individuali per metterci in sicurezza e non mandare a monte la campagna vaccinale. Dobbiamo evitare che le persone muoiano di Covid, ma pure di fame. Occorre lo sforzo di tutti”.

“Casi gravi tra i giovani”

E che il Coronavirus sia sempre forte lo confermano le parole della dottoressa Tiziana Maniscalchi, facente funzione del primario al pronto soccorso dell’ospedale ‘Cervello’: “Riscontriamo una maggiore presenza di casi più gravi tra i giovani che si presentano con sintomi già in forte evoluzione. Non parliamo di adolescenti, ma di persone sotto i quarant’anni con polmoniti importanti, abbiamo avuto anche una donna di ventisette anni in condizioni di gravità e un paio di intubati, appunto, non ancora quarantenni. Prima accadeva più raramente. Perché succede? La mia ipotesi è che, adesso, rispetto alla fase iniziale della malattia, chi è più giovane venga in ospedale in ritardo, magari perché abbiamo un approccio più domestico con il Coronavirus e non chiamiamo l’ambulanza al primo sintomo. E’ giusto non affollare le corsie, ma, ai primi segni di peggioramento, bisogna recarsi presso le strutture sanitarie”.

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27 Gennaio 2021, 20:01

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