PALERMO – Vulcanico da far impallidire qualunque trentenne, anche i più capaci. Tommaso Dragotto, il fondatore di Sicily by Car, colosso internazionale da 160milioni di euro pronto alla quotazione in Borsa, racconta il suo volo, passo dopo passo, dai tempi del liceo. Nel cuore c’è la sua Palermo e la Sicilia, che porta, col brand forte di 13mila auto, in giro per il mondo. Da Renato Schifani a Roberto Lagalla, cosa può fare questa terra per ripartire.
Chi è Tommaso Dragotto?
“Mi reputo una persona normale, che ha avuto l’intuizione di capire la potenzialità di uno specifico business ed il futuro della propria vita. Con molta caparbietà e impegno sono riuscito a realizzare il mio sogno, e quest’anno la Sicily by Car compie il 60ntesimo anno di attività.
Lei è la prova che la competenza non si acquisisce soltanto sui libri”.
“Assolutamente, da ragazzo prendevo a noleggio le autovetture da autonoleggiatori locali e così intuii che questa l’attività poteva rappresentare una svolta nella mia vita. Facevo calcoli numerici, cercavo di strutturare quello che oggi chiamiamo business plan, per realizzare questa mia idea decisi di lasciare l’università e con grande dispiacere di mia madre non frequentai più la facoltà di ingegneria meccanica. Nel 2020 l’Università di Palermo mi ha conferito la laurea honoris causa in economia aziendale e questo riconoscimento è stato per me motivo di orgoglio e di soddisfazione, un attestato al merito che ho dedicato a mia madre”.
Che fase sta attraversando la Sicilia?
“Non posso giudicare l’operato del nuovo Presidente, ex Presidente del Senato, perché son pochi mesi che governa la Sicilia. Una cosa è necessario dirla, perché interessa tutti i siciliani: se chi governa vuole il bene della Sicilia, non può accettare, in nessun caso, l’autonomia differenziata.
Sarebbe opportuno che il presidente della Regione controllasse meglio gli articoli proposti dalla Costituzione e da Calderoli sulle problematiche dell’autonomia differenziata, considerando soprattutto che non siamo né la Lombardia, né il Veneto, né il Piemonte. Sono fiducioso che il sì dato a suo tempo, possa tramutarsi in un “ne discuteremo””.
Che consiglio darebbe a Schifani per rilanciare la Sicilia?
“Il presidente della Regione deve considerare che il Pil siciliano non è fatto come al Nord dalla metalmeccanica ma è prodotto dal turismo, dall’agricoltura e da un terziario efficiente. Deve dimostrare ai cittadini siciliani che le promesse fatte dovranno essere realizzate e consolidate. Ai posteri l’ardua sentenza”.
Spostiamoci nella sua Palermo allora, cosa ne pensa della gestione Lagalla?
“Tutti lo conosciamo come Rettore dell’Università di Palermo e durante il suo incarico ha certamente ottenuto risultati positivi. Affrontare il malessere di una città che è in sofferenza da almeno 20 anni, passando dalla gestione di Orlando, è molto difficile. Capisco che si trovi molti problemi sul tavolo, considerando le casse del Comune che sono, praticamente, a zero.
Sicuramente Lagalla ha le capacità di migliorare la città, io ho cercato, comunque, di dargli qualche spunto per migliorare quantomeno l’immagine della città. Palermo merita di diventare una città di caratura internazionale, basta pensare a cos’era durante l’età dei Florio”.
Com’è cambiata la città?
“Oggi via Maqueda è diventato un vero Suk, ma non come in Marocco, dove hanno un fascino e un loro ordine, allo stato attuale i turisti vedono ambulanti dappertutto, venditori di chincaglieria anche sui marciapiedi. Basterebbe stabilire una via esclusivamente per gli ambulanti, dedicata alla vendita di oggetti particolari e dare a via Maqueda un decoro unificato. Stabilire col comando vigili un controllo accurato e con la Rap un servizio di pulizia, per trasformare questa via in un’attrazione”.
Dal punto di vista amministrativo?
“Desidererei dare un altro consiglio, non certamente facile da attuarsi: creare una holding delle partecipate. Non ha senso avere delle partecipate che sono quasi tutte in passivo, se fossero unificate in una holding avremmo un solo CdA, un collegio sindacale, un solo amministratore delegato. Concludo con una Palermo partecipata. Sono convinto che il sindaco di una grande città non possa conoscere tutto quello che accade, per cui sarebbe opportuno mettere al centro della politica il dialogo con i cittadini”.
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