23 Agosto 2020, 06:00
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Che estate crudele per i bambini e per chi li ama. Ovunque ci voltiamo c’è un bambino che piange per poi salutarci. Un bambino che si perde nel bosco e nessuno che gli spezzetta un sentiero di molliche di pane per ritrovare la strada. Un bambino che i grandi non hanno protetto e il riferimento non è necessariamente a coloro che gli erano vicini. C’è un mondo, almeno distratto, che non protegge i bambini, che non riesce a salvarli, che si occupa di mandare whatsapp sul cellulare, mentre l’infanzia ignota, gli scorre accanto.
Ci sono storie crudeli in questa estate crudele. Diversissime, incomparabili, senza alcun legame specifico, ma che fanno egualmente male al cuore.
C’è il dolore di Evan, giunto in ospedale, pieno di lividi e lesioni e morto a un anno e mezzo. Il gip del tribunale di Ragusa ha convalidato i fermi della madre, e del suo convivente. Secondo le accuse, il piccolo sarebbe stato ucciso a botte. E’ la storia agghiacciante di una presunta violenza. C’è il grido del padre: “Me l’hanno ucciso”. E mentre si attende che si metta in moto il meccanismo giudiziario che porterà alla verità processuale, di vero e concreto c’è il peso sull’anima di chi legge la narrazione di un episodio buio e si sente smarrito, come i bambini che non rientrano mai più nel cammino della felicità.
C’è la tragedia di Gioele, in una vicenda completamente differente, i cui resti sono stati trovati tra gli sterpi di Caronia, dopo il corpo della mamma, Viviana Parisi. E’ una trama attraversata soprattutto da domande che tolgono il respiro. Ma un eguale peso sull’anima prova chi ha visto papà Daniele chino, con le mani appoggiate alla bara del figlio. Come saranno stati i passi di quest’uomo, l’altro giorno; i passi lo hanno portato in una stanza dove ha riconosciuto le scarpette blu , in attesa della definitiva prova del Dna?
Storie lontane, irriducibili, ma con un elemento in comune: al centro del dolore c’è un bambino. E allora viene da chiedersi se sia un caso. Oppure se, a prescindere dalla concatenazione della cronaca e dal ruolo dei protagonisti, da appurare di volta in volta, questo accade perché noi i bambini non li guardiamo più e non li proteggiamo più.
Non li osserviamo mentre passano. Non li scortiamo mentre giocano. Non diamo l’allarme quando ci lanciano uno sguardo offeso. Li sediamo con la tecnologia. Li allontaniamo, affidandoli alla pedagogia dello smartphone. Li esiliamo in un altrove. Gli chiediamo di lasciarci in pace alla solitudine dei nostri vissuti di adulti. Non cerchiamo più gli occhi dei bambini, perché ci sentiremmo inceneriti dalla loro innocenza. Quanta indifferenza c’è, tra cronaca ed esistenza, nel quotidiano smarrimento dell’infanzia?
Ma un mondo di adulti che ha dimenticato i bambini resterà presto abbandonato, senza più una voce a percorrerlo, quando un pifferaio pietoso li porterà via per salvarli. E non sarà tagliato il futuro come un film delle vite che saranno. Scomparirà la parte migliore del presente, con la sua bellezza.
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23 Agosto 2020, 06:00