Tutto si era sempre svolto secondo tradizione. Più o meno in prossimità del giorno dell’Immacolata si faceva un bell’albero di Natale, e la casa veniva addobbata con le consuete decorazioni natalizie. Parlo dei miei primi anni di matrimonio. No, non facevamo il presepe e non c’era alcuna componente ideologica o religiosa a supportare la nostra scelta. Sono quelle cose non dette che si realizzano da sole e senza spiegazione. Un po’ come la scelta di dormire a destra o a sinistra nel letto matrimoniale. Io a destra, mia moglie a sinistra. Non saprei dire perché è andata così.
Un anno però qualcuno turbò la nostra tranquilla e consolidata routine natalizia. Accadde che la maestra di mio figlio, che allora andava in terza elementare, disse agli alunni che avrebbero dovuto fare il presepe nelle loro case, con tanto di muschio, laghetti, pecorelle, bue, asinello etc.. Fu mio figlio stesso a comunicarcelo quando andammo a prenderlo all’uscita di scuola. Lo ricordo perfettamente quel giorno di dicembre. Eravamo in macchina e quando lui ci riferì del presepe, io risposi dicendo che avevamo già fatto l’albero e che quell’anno era venuto davvero bello. Ma lui cominciò ad insistere dicendo che era stata la maestra a dirlo, e al mio reiterato rifiuto iniziò a piagnucolare.
Mia moglie, per consolarlo, assunse un atteggiamento possibilista. Ve la faccio breve. Si scatenò una sorta di finimondo. Cominciai ad inveire contro la maestra che non si era fatta i cavoli suoi, mettendo fisime ai bambini, contro il sistema scolastico e la intollerabile ingerenza nella quiete familiare. Vabbè, ve la dico tutta. Anche contro la società capitalista e i comportamenti piccolo borghesi. Insomma un vero e proprio rigurgito post- rivoluzionario. La discussione si animò a tal punto che si alzarono i toni della voce con mia moglie.
Più lei mi diceva che non era proprio il caso di prenderla così in criminale, più io mi avvitavo nelle mie posizioni oltranziste di tipo ideologico. Ci pensò Danilo a porre fine alla questione scoppiando in un pianto a dirotto. Ma, per quanto mi riguardava, quella era la mia “linea del Piave”. Niente presepe, e al diavolo la maestra… e pure il Natale.
Pensate, ero così incazzato che lasciai moglie e figlio a casa, e me ne andai allo studio. Giusto il tempo di sedermi dietro la scrivania. Poi scesi dirigendomi di corsa verso le bancarelle di via Notarbartolo. Acquistai un presepe che sembrava un grattacielo. E poi ancora, pastorelli, pecorelle, falegnami, arrotini, in quantità industriale. Scelsi con cura il Bambin Gesù, la Madonna e San Giuseppe. Il bue e l’asinello. Dio, quanto erano belli. Spesi una cifra. Tornai a casa e mi fiondai di corsa a cercare mio figlio.
Non mi era venuto incontro come faceva normalmente, e me lo abbracciai mentre mia moglie, che tutto aveva intuito e previsto, si godeva la scena. “Dillo alla maestra che abbiamo fatto un bel presepe”. Il più bello della mia vita.