Lo spaccio, il sequestro, l'arresto |Cimici in carcere: "I soldi o piange" - Live Sicilia

Lo spaccio, il sequestro, l’arresto |Cimici in carcere: “I soldi o piange”

I retroscena del blitz "Bivio", che ha portato in carcere 27 persone.

LE INTERCETTAZIONI
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3 min di lettura

CATANIA – Lo spacciatore sa i rischi del mestiere. In prima linea nello smercio di droga. È consapevole che le manette possono arrivare ad “ogni turno”. Ma se arriva l’arresto il gruppo assicura – o almeno dovrebbe assicurare – il mantenimento in carcere anche per i familiari. Così sarebbe stato garantito dai vertici della ‘piazza’ di Via Alogna, gestita dal “manager” Antonino Mirko Gugliemino. Il gruppo di spaccio è stato disarticolato, questa mattina, nell’ambito della maxi operazione antidroga Bivio eseguita dai carabinieri. LE FOTO

E se le telecamere piazzate nei luoghi strategici hanno permesso di ricostruire turni e ruoli dei due gruppi di spaccio (di via Alogna e di via Trovato), le intercettazioni hanno permesso di entrare dentro il sistema criminale descritto nelle oltre duecento pagine dell’ordinanza firmata dal Gip Santino Mirabella.

Sono le cimici piazzate in carcere a fornire uno spaccato ben preciso di quello che accade dopo l’arresto di un pusher. Non mancano le lamentele per i soldi, che secondo i “sodali” finiti in gattabuia sono troppo pochi rispetto alla vita da detenuto.

Almeno così pensa Simone Consolo che si sfoga con la convivente.

Consolo: “i soldi te li hanno mandati?” (dice riferendosi ai gestori della piazza di spaccio di via Alogna). La donna: “Sì, 40 euro… – inc.- L’altro giorno c’è andata tua mamma e i vanniau… scupini e cessi…”.

La compagna racconta che la madre ha rimproverato i capi. “E non ha ragione?”, domanda Consolo. La compagna però preoccupata evidenzia: “A me mi stanno mantenendo!”. “E con 40 euro ti stanno mantenendo? E io mi sto facendo 10 anni di galera?”

Consolo pretende il denaro promesso, anche perché non ha mai fatto un nome. “Perchè mi sono accolato le cose? E perché non me le dovevo accollare che mi prendevano per sbirro (insomma il pusher si è addossato tutte le responsabilità sulla droga rinvenuta e non ha accusato gli altri indagati).”

Poi Consolo chiede alla partner se il capo si è presentato. Il capo di via Alogna sarebbe Antonino Mirko Guglielmino, che è conosciuto come Coccolino.

Consolo: “Ma Coccolino è venuto?”
La donna: “Non è venuto nessuno”

Una risposta che non piace al detenuto. E quello che dice dopo ha il suono di un avvertimento.

Consolo: “Ognuno si piange le sue responsabilità… come si piange Coccolino le sue responsabilità se non mi manda i soldi. Perché poi le persone lo possono anche ammazzare. Perché poi ci sono le persone in mezzo… perché tu (per gli investigatori si riferisce a Guglielmino) stai facendo rischiare un ragazzo, senza avergli detto che c’era tutta sta cosa (la droga sequestrata dai carabinieri in un nascondiglio)”

A quel punto la compagna gli chiede: “E’ la sua secondo te?”. La risposta di Consolo è quasi ironica: Perché di chi è…di chi è….la mia… certo”.

L’avvertimento si trasforma in una velata minaccia. Consolo, infatti nel corso di un altro colloquio con la convivente e il fratello, dice: “Ci vai ni iddu e ci dici… mi dissi Simone che appena non ci manni i soddi ti chianci i to conseguenze”. Insomma Coccolino doveva rispettare i patti e versare i soldi in contanti. In caso contrario? Guglielmino “piangerà” le conseguenze. Consoli mette in campo l’ipotesi di spifferare tutto ai magistrati. Certo non poteva pensare che le sue conversazioni le stavano registrando i carabinieri.

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