05 Febbraio 2024, 10:26
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CATANIA – “È lui, è uno dei due che mi hanno violentata”, ha detto senza alcuna esitazione. La tredicenne ha riconosciuto anche il secondo giovane egiziano che lo scorso 30 gennaio l’ha stuprata nel bagno degli orrori, all’interno della Villa Bellini, uno dei luoghi simbolo di una città, Catania, ancora sotto choc. Il fidanzato è stato immobilizzato e costretto a guardare la scena senza potere intervenire.
Ieri pomeriggio la vittima è stata convocata in caserma per l’ultimo atto investigativo prima dell’udienza di convalida dell’arresto dei sette fermati che hanno fra i 15 e i 19 anni. Oggi per i cinque maggiorenni fermati si svolgerà l’udienza di convalida dell’arresto. Saranno interrogati dal giudice per le indagini preliminari Carlo Umberto Cannella. A tutti viene contestato il reato di violenza sessuale aggravata di gruppo.
La vittima è stata lucida e collaborativa fin dalle prime battute dell’indagine. Nessun tentennamento a dispetto della sua giovanissima età. Determinata ad avere giustizia, ma molto matura nel non cedere alla tentazione di una vendetta sommaria. Lo ha dimostrato indicando solo tre dei sette fermati. Sono gli unici di cui ricorda il volto.
Non c’è solo il riconoscimento della vittima, ma anche il conforto della scienza a puntellare il quadro indiziario ricostruito dalla Procura distrettuale di Catania e da quella per i minorenni. Il profilo genetico dell’indagato coincide con quello delle tracce biologiche prelevate dai carabinieri del Ris di Messina sugli indumenti della ragazzina. In particolare su uno slip, c’erano tracce di saliva, sangue e liquido seminale.
I carabinieri del comando provinciale di Catania, in collaborazione con militari del nucleo Operativo della compagnia Piazza Dante e della stazione Piazza Verga, hanno ricostruito che la ragazzina è stata avvicinata nel parco comunale, accerchiata e infine trascinata nei bagni. Ha provato a liberarsi con tutta la forza che aveva in corpo. “Vi imploro, vi supplico, non mi fate del male, lasciatemi andare…”, urlava. “Due mi hanno afferrato, altri hanno preso il mio ragazzo. E ci hanno portati nei bagni della villa. È stato un incubo”, ha messo a verbale. Mentre la violentavano gli altri giovani del branco guardavano e tenevano fermo il fidanzato diciassettenne che ha fornito indicazioni utili per risalire all’identità degli egiziani. “Mi hanno immobilizzato, minacciato, è stato terribile”, ha spiegato in lacrime.
Il procuratore facente funzioni Agata Santonocito, l’aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Anna Trinchillo hanno chiesto la convalida dell’arresto e l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di quattro degli indagati e degli arresti domiciliari per il quinto che, durante le prime fasi delle indagini, ha collaborato all’identificazione del ‘branco’ che avrebbe partecipato alle violenze. La tredicenne catanese ha identificato i due violentatori, ma anche uno dei due minorenni (sono in custodia in una comunità in attesa delle decisioni del giudice) che le impediva di liberarsi dalla morsa. Anche la Procura per i minorenni, diretta da Carla Santocono, ha aperto un fascicolo.
Il contributo dell’egiziano ai domiciliari è stato importante. Ha fatto il nome degli altri ragazzi. “È tornato in struttura visibilmente turbato”, racconta Angela Pennisi, responsabile area legale immigrazione di una delle comunità di accoglienza dove risiedevano due dei sette fermati. È stato il campanello di allarme. Continuava a ripetere che fosse successo qualcosa di grave. Poi si è confidato con uno psicologo. Diciotto anni appena compiuti, in Italia dallo scorso marzo: certamente era presente a Villa Bellini. Il giovane egiziano poche ore dopo il rientro in comunità era seduto davanti al magistrato e ai carabinieri. “Quando ha parlato con i nostri operatori, tra cui mediatori culturali e psicologi – aggiunge Pennisi – è stato chiaro che fosse necessario rivolgerci immediatamente alle forze dell’ordine. E così abbiamo fatto. Lui ha raccontato quello che è successo”.
Ed è un racconto al vaglio degli investigatori. Il giovane sostiene di avere assistito alla scena, ma ha negato di avere partecipato. È arrivato in Sicilia a marzo scorso. Stava svolgendo un tirocinio nel settore dell’edilizia ed era in attesa della conversione del permesso di soggiorno in permesso studio-lavoro (articolo 32 Testo unico dell’immigrazione). Anche un secondo indagato, 19 anni, si è presentato dai carabinieri quando ha saputo che lo stavano cercando. In Sicilia è arrivato nella seconda metà del 2022 ed ha un permesso che rientra fra le “misure di lungo periodo per l’integrazione”. “Abbiamo collaborato in ogni modo con gli investigatori, perché per noi era importante che gli stessi ragazzi capissero l’estrema gravità di quello che è accaduto. Com’è ovvio siamo turbati e sgomenti”, conclude Pennisi.
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05 Febbraio 2024, 10:26