Mattarella, il gesto e la parola

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03 Febbraio 2015, 13:56

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È forse immaginabile un discorso di insediamento di un Presidente della Repubblica senza retorica? Interrogativo appunto retorico. Che in un contesto del genere si attinga al cassetto dei luoghi comuni dello speech istituzionale non può certo stupire. Ed è anche per questo che se per l’antico adagio le parole volano, quelle di un discorso di insediamento presidenziale non sono esenti dalla regola. Sì, le radiografie dell’orazione civile di Sergio Mattarella impegneranno gli esegeti della stampa, che per 24 ore disquisiranno di arbitri, Costituzione, riforme e altro. Ma quelle stesse parole, per quanto declinate secondo uno schema comunicativo moderno a cui mancava solo l’hashtag di Twitter, non resteranno nella memoria collettiva, così come sempre accade per i discorsi di questo genere. C’è da scommettere, invece, che molto più a lungo gli italiani ricorderanno il pasticcio dei fogli, che ha da subito trasmesso l’immagine di un Presidente umano nella sua fallacia. Se ieri, analizzando la Panda grigia, il loden e l’appartamentino romano, avevamo parlato della sapiente immagine “francescana” che è stata costruita attorno a Mattarella, accostandolo all’attuale pontefice, oggi, quella gaffe nel discorso di insediamento con il foglio fuori posto, ha ricordato un altro precedente papale, l’indimenticabile “se sbaglio mi corrigerete” di Wojtyla. Lo scivolone che conquista e assicura la simpatia dell’auditorio. E che resta nel ricordo ben più nitido di qualsiasi passaggio di uno speech inevitabilmente ingessato. È il gesto a prevalere sulla parola. Come spesso accade in politica. Il gesto, come quello della telefonata d’invito a Berlusconi, una mossa che trasmette, in modo più immediato di qualsiasi discorso, un intento di pacificazione. Che con tutte le differenze del caso, riecheggia in quel lunghissimo e unanime applauso – ancora un gesto tra le parole – scrosciato oggi sul passaggio dedicato alla Resistenza.

@salvotoscano1

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03 Febbraio 2015, 13:56

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