Evidentemente, in questo mondo, c’è disperazione e disperazione. C’è quella totale, assoluta, di chi non può perdere nulla perchè mai nulla ha avuto dalla vita, e che lo porta a intraprendere un viaggio in cui la sopravvivenza stessa assume i contorni di una variabile relativa: una disperazione dell’essere. E c’è quella di chi lotta per non perdere quel poco che ha, ed è disposto a difenderlo allo stremo col cuore e con i denti, pur di tenerselo: una disperazione dell’avere. Comunque la si voglia osservare, l’elemento comune a queste due realtà resta sempre lo stesso: la fame. Di identità da un lato e di sopravvivenza dall’altro.
La storia che arriva da Lampedusa parla proprio di questo. Anzi di più. Racconta, infatti, di come queste disperazioni possano essere legate indissolubilmente da un rapporto di assoluta complementarietà. Questi i fatti.
In base ai recenti accordi tra Italia e Libia, sull’isola siciliana sono diminuiti notevolmente gli sbarchi di migranti. Una situazione che se da un lato non può che avere avuto i suoi effetti positivi, dall’altro rischia di lasciare a casa senza lavoro i 55 dipendenti della “Lampedusa accoglienza”, la società che gestisce il centro per i migranti. Il minor afflusso di extracomunitari ha ridotto infatti la mole di lavoro al centro, e il rinnovo del contratto tra il ministero dell’Interno e la “Lampedusa accoglienza”, in scadenza tra due giorni, rischia di non venir prolungato.
“Gli operatori della società “Lampedusa Accoglienza” stanno per essere licenziati visto che non ci sono migranti – spiega il sindaco di Lampedusa Dino De Rubeis – Il ministero ha rimesso a posto la vecchia struttura, ma “Lampedusa Accoglienza” ha dovuto diminuire le ore di lavoro ai 40 precari, poi licenziati. Un altra trentina di lavoratori a tempo indeterminato, che lavoravano nel vecchio centro di accoglienza, hanno avuto l’avviso di licenziamento”. Cosa fare a questo punto? La speranza, perchè ad ogni disperazione fa sempre da contraltare una speranza, è quella che sia bandita una nuova gara, ma in ogni caso i tempi si potrebbero allungare. Una delle possibilità, paventate dalla Cisl, invece, è una sorta di contratto a chiamata per il personale, di volta in volta, se sarà necessario per porre soluzione a questa situazione. Perchè le emergenze, a Lampedusa, non si fronteggiano sempre e solo diverse miglia al largo dell’isola.
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