CATANIA. Non c’è bisogno di scomodare alcuna classifica legata alla libertà di stampa. E non c’è neanche bisogno di tirare in ballo il tiranno del mercato in crisi: perché il giornalismo non è un’industria. Da qualsiasi lato la si voglia guardare, la chiusura di Telejonica-Rete 8 è una notizia drammatica per l’intero panorama giornalistico catanese. I licenziamenti di giornalisti e tecnici, spazzati via senza appello, rappresentano l’ennesima dimostrazione della scarsa considerazione e della vulnerabilità della quale gode questo mestiere. A Catania in maniera ancora più marcata che da altre parti.
L’incontrastato regime di monopolio che ha caratterizzato l’editoria etnea sta, probabilmente, presentando adesso il suo conto salatissimo. In fondo, nonostante i numeri dappertutto siano da bollettino di guerra, a Catania la mancata concorrenza con la quasi imposizione di un vero e proprio regime monopolistico, ha prodotto uno scenario in cui non si è sviluppato (salvo qualche rarissima eccezione) un versante aperto e alternativo. Del resto, seppur con il dovuto distinguo, la vicenda del 2006 legata all’epurazione dei giornalisti di Telecolor era stata la prima avvisaglia. Oggi, questi numeri, accompagnano una pesante perdita di posti di lavoro. Oltre che di professionalità. Stavolta è il turno dei colleghi di Telejonica-Rete 8. E sappiamo tutti come andrà a finire: dall’impatto emotivo e solidale delle dichiarazioni di facciata si piomberà nel silenzio. Dimenticheremo tutti. Dimenticheremo tutto. Questo è un lavoro che si fa per missione prima ancora che per campare. Sottopagato e sottostimato che non è mai vissuto sul mito del contratto a tempo indeterminato. Nonostante l’aurea di fascino che si porta dappresso.
E’ persino sin troppo semplice chiedersi (una volta ancora) cosa ne pensino l’Ordine dei giornalisti o i sindacati di categoria dell’ennesima vertenza che sta per concludersi con la mannaia dei licenziamenti. La verità è che la condizione di precarietà che vivono i giornalisti alle falde dell’Etna è mescolata ad altre situazioni quantomeno ambigue che vengono accettate o fatte passare tacitamente anche da chi dovrebbe chiedere il rispetto delle regole. Un mix che se abbinato all’egemonia editoriale porta direttamente al cortocircuito dell’informazione. Eppure, nonostante questa ragnatela, quando il giornalismo dà il meglio di sé è un protagonista ancora essenziale del sistema democratico. E per questo ne abbiamo ancora bisogno. Perché Catania è piena di storie che, nel bene o nel male, aspettano solo di essere raccontate. E i buoni giornalisti, come i colleghi di Telejonica-Rete 8, non saranno mai abbastanza.