La bolletta dell’acqua e la furia | Il possibile movente di un delitto

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09 Marzo 2016, 06:00

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PALERMO – Una lite per la bolletta dell’acqua. Eccolo il movente. O meglio il possibile movente del duplice omicidio di via Falsomiele, a Palermo. La furia si è scatenata, forse, per una manciata di euro. Ci si arriva mettendo assieme alcuni tasselli. Gli stessi su cui lavorano magistrati e poliziotti, capaci di risolvere il caso nel giro di pochissime ore.

Gli agenti guidati dal capo della Squadra mobile Rodolfo Ruperti stringono i tempi investigativi convinti, come tradizione vuole, che ciò che sfugge nelle prime ore successive al delitto rischia di sfuggire per sempre.

Ed è dall’attività frenetica che viene fuori il primo indizio sul movente. In via Falsomiele in questi giorni si sono fatti vivi pubblici ministeri (l’inchiesta è coordinata dall’aggiunto Agueci e dai sostituti Demontis e Camilleri), investigatori, esperti della scientifica ma anche tecnici dell’Amap, l’azienda che gestisce il servizio idrico in città.

Secondo indizio: di fronte al punto dove è stata ritrovata la Fiat 500 L su cui viaggiavano Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela ci sono dei contatori per rilevare i consumi idrici. Ed è analizzando le immagini delle macchine filmate da una telecamera che ci si accorge che il luogo non era casuale. Era lì e non altrove che era stato fissato l’incontro fra vittime e carnefici.

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La macchina di Bontà era parcheggiata. Sportelli chiusi e freno a mano tirato. La traiettoria del Suv Toyota su cui, seguendo di un incollatura la Fiat, sono giunti Carlo Gregoli e Adele Velardo fa una sterzata verso destra. Anche loro, dunque, erano diretti nello stesso punto in cui si è fermata la Fiat. In realtà si sarebbero dati appuntamento poco distante per poi spostarsi nel tratto di via Falsomiele dove sono posizionati i contatori.

Dal riserbo investigativo è finora trapelato che il movente è da rintracciare in banali questioni di vicinato. I terreni dei coniugi Gregoli sono confinanti con quelli di Bontà. Questi ultimi venivano irrigati da Vela. Ed ecco il terzo indizio che arriva dalla figura di Vela, l’uomo sbagliato nel posto sbagliato. Probabilmente era normale che fosse in compagnia di Bontà. Chi meglio del giardiniere aveva contezza dell’acqua consumata? Consumi forse giudicati anomali ed esosi tanto da fare scattare il sospetto che i Gregoli facessero i furbi. Da qui i controlli dell’Amap su contatori e tubi.

Dunque, sarebbe stata una banalissima lite per la bolletta a scatenare la reazione dei coniugi, scesi armati di pistola per scaricare rabbia e fuoco contro le vittime. Temevano una reazione di Bontà? Non tolleravano i sospetti su di loro? Resta da capire se si sia trattato solo dell’ultimo di una serie di episodi. E così gli uomini della Mobile scavano nella vita di vittime e presunti carnefici. A cominciare dal rapporto di lontana parentela che li legava per finire nelle abitudini di marito e moglie arrestati. Una fede religiosa profondissima – alla Squadra mobile il marito leggeva la Bibbia e la moglie si rimetteva alla volontà di Dio – e una passione smisurata per le armi: entrambi gli aspetti vanno scandagliati per tracciare il profilo psicologico di Carlo Gregoli e Adele Velardo che, se come appare certo agli inquirenti, sono davvero gli assassini hanno continuato a negare, senza tradire emozioni, il loro coinvolgimento che viene considerato certo. Non ci sono solo le immagini di una telecamera, ma soprattutto il racconto del supertestimone.

 

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09 Marzo 2016, 06:00

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