Nessuna coerenza, né pudore | In Sicilia un Pd di trasformisti

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15 Febbraio 2018, 17:25

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PALERMO – C’è una foto che somiglia a un fotomontaggio. A quelle fotografie così surreali che non possono che essere il frutto di un intenso lavoro di Photoshop. Eppure, c’è chi è pronto a giurare che Leoluca Orlando e il nuovo, imprevedibile amico Davide Faraone, si siano messi in posa a stringere le mani di Dore Misuraca.

Già, proprio lui. Già coordinatore degli alfaniani, ma soprattutto uomo con una lunga storia in Forza Italia e nel Popolo delle Libertà. Un berlusconiano convinto, insomma, fino allo “strappo” che ha consentito a uomini di centrodestra di ricoprire nuove poltrone col centrosinistra, prima di una diaspora ampiamente prevedibile, fatta di tanti ritorni a casa (cioè nel centrodestra) col capo cosparso di cenere, e qualche addio alla nave che affondava. A cominciare dal “comandante” pluri-ministro (con destra e sinistra) Angelino Alfano.

Ma quella foto che somiglia a un fotomontaggio non può essere liquidata con la retorica del “cambiamento” o con quella del “partito aperto” apparecchiata dal sottosegretario di Renzi e Gentiloni. Un piatto assai prevedibile, chiaramente insipido, ovviamente ingannevole. Come quelle pietanze banali che nei ristoranti stellati stuzzicano palato e fantasia grazie all’aggiunta di qualche parola francese o qualche “spruzzata di” ingredienti esotici.

Quello che appare, invece, al di là delle moine dei cuochi siciliani, è la creazione di un partito autobus, di una aggregazione di potere per il potere. Parlare di “apertura” e di “cambiamento” non muterà il senso del discorso. Si sta parlando, infatti, di puro e semplice trasformismo. Di una pratica diffusa, per carità (il Pd non ha di certo l’esclusiva), che si fonda su due presupposti: mettere da parte la coerenza e anche, se è il caso, un po’ di pudore.

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Doveva apparire – ai diretti interessati, ovviamente – già assai imbarazzante il tempestivo approdo di Orlando, che Faraone pochi mesi prima aveva definito uomo politico della “preistoria”, nel nuovo, moderno Pd del rottamatore Renzi che ama l’usato (più o meno) sicuro. Serviva uno sforzo non da poco, per far dimenticare gli insulti e gli improperi, spesso lanciati attraverso “portavoce” del momento, come i segretari cittadini o battaglieri assessori. Doveva essere già dura far passare il messaggio che l’uomo il cui “unico partito è Palermo” avesse deciso di lanciare un suo fedelissimo, a due giorni dalla composizione delle liste e senza alcun passaggio intermedio, nel partito che – solo col suo simbolo – era, per lo stesso sindaco, garanzia di sconfitta e che era stato allontanato da sé, con toni di sdegno, appena pochi mesi fa, nella sera del brindisi in cui i Democratici si fiondarono nel salone dell’Hotel Borsa, dopo essersi nascosti un po’, nei giorni precedenti. Quel partito, il Pd, che ambiva al quaranta per cento dopo le mitologiche Europee di qualche anno fa, ma che alle ultime amministrative aveva accettato non solo di sottoporsi all’umiliazione di nascondere, come si faceva con i giornali pornografici, il proprio simbolo, ma anche di piazzare i propri candidati in una lista unica, ibrida, da capogiro, con gli uomini di Alfano. Che erano, tanto per non dimenticarlo, gli uomini di Diego Cammarata. Cioè gli uomini di Berlusconi.

Come lo era Dore Misuraca. Leader siciliano del Nuovo centrodestra che passò al nuovo centrosinistra, e che ora addirittura sceglie di aderire al Pd. Lui, uomo che a Palermo insieme a tanti altri ha rappresentato il “berlusconismo” quando questo era vincente, salvo abbandonarlo di fronte alle ipotesi di una grama opposizione in parlamento e alla possibilità, si intende, di salvare l’Italia. Lui, che fu capogruppo di Forza Italia all’Ars e assessore di Totò Cuffaro, e che indicava gli assessori di fiducia nelle giunte del sindaco della Palermo “Cool”, il sindaco da dimenticare, secondo Leoluca Orlando. Quel sindaco i cui danni, lui che il sindaco lo sa fare, sta cercando di riparare. Alleandosi, nel frattempo, con chi quella esperienza, quel mondo li ha rappresentati da protagonista (e Misuraca non è certamente l’unico caso, basti ricordare l’impegno alle amministrative, dalla parte di Orlando, di Piero Alongi, di Edy Tamajo, di Salvo Lo Giudice…). E basta buttare un occhio oggi alle liste per le Politiche del Pd in Sicilia per ritrovare tanto di quel centrodestra vituperato per anni, oggetto delle critiche e della campagne politiche: cuffariani convinti ed ex Casiniani, uomini di Forza Italia pubblicamente anti-Boschi, responsabilissimi alfaniani, quelli grazie ai quali, come si è detto, è stato possibile evitare il tracollo della Nazione.

E così, passi che la coerenza è roba vecchia. Ma un po’ di pudore, magari, scongiurerebbe, in chi apprende queste notizie, questi fantasiosi “cambiamenti”, l’emersione di un pensiero malizioso. Se alleati di Orlando e Faraone, oggi, sono esponenti politici che in passato hanno rappresentato tutto il male possibile (politicamente parlando), come si farà a dare peso agli attacchi, alle critiche che verranno? Perché, chi registrerà le prossime dichiarazioni di guerra e di battaglia, non dovrà sentirsi legittimato a credere che in fondo sia tutto un gioco di potere o che certe parole, le parole di alcuni uomini politici, sono lievi come il fumo? Perché non pensare, insomma, che i “nuovi” nemici di Orlando, Faraone e Misuraca, presto o tardi, saranno i nuovi alleati, i nuovi cavalieri del cambiamento o, per dirla col suo nome, i nuovi trasformisti di Sicilia?

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15 Febbraio 2018, 17:25

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