"Non si ricandidino gli inquisiti| Classe dirigente in discussione" - Live Sicilia

“Non si ricandidino gli inquisiti| Classe dirigente in discussione”

"Il dibattito post dimissioni del governatore ci consegna uno spaccato di società, quella rappresentata dalla politica isolana, che contribuisce ad alimentare più quel pessimistico sentimento di rassegnazione". A dirlo è Toni Costumati, presidente provinciale e consigliere nazionale delle Acli.

regionali. TONI COSTUMATI (ACLI)
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“Il dibattito post dimissioni del governatore ci consegna uno spaccato di società, quella rappresentata dalla politica isolana, che contribuisce ad alimentare più quel pessimistico sentimento di rassegnazione, che tanta letteratura attribuisce in genere ai siciliani, che un’ottimistica speranza di un futuro migliore”. A dirlo è Toni Costumati, presidente provinciale e consigliere nazionale delle Acli.

“Sono tra i tanti – continua – che ritengono che come per Berlusconi e Cammarata anche per Lombardo vanno concesse le “attenuanti” secondo le quali le responsabilità di uno sfascio non possono essere di una persona sola. E’ un intero ceto dirigente che va messo in discussione. E’, altresì, il metodo di selezione del ceto dirigente che è assolutamente in crisi e l’aumento vertiginoso dell’astensionismo al voto conferma il distacco della gente da una politica che non riconosce più come propria espressione. E quello che più sconforta è che non si intravede prospettiva: i primi segnali che non ci fanno guardare con ottimismo al futuro ci arrivano dalle annunciate e numerose autocandidature a presidente che, se tutte confermate, nella migliore delle ipotesi ci consegneranno un presidente eletto in rappresentanza di una sparuta percentuale di elettori che al massimo non supererà il 18/20% e considerato che il sistema elettorale regionale non prevede il ballottaggio non si avrà la possibilità di scegliere neanche il meno peggio”.

“Per non parlare poi della rappresentanza all’Ars – aggiunge Costumati – leggere, giorni fa, sulla stampa le dichiarazioni di parecchi uscenti, pronti a ricandidarsi, come se nulla di quanto accaduto fosse dipeso anche dalla loro azione, e il cui unico problema (e forse programma elettorale) è il costo della campagna elettorale dalla cui quantificazione – 30.000/50.000 euro – dipende l’eventuale o meno elezione, la dice lunga sul livello e qualità del ceto politico che fin qui ha inadeguatamente e, spesso, indegnamente rappresentato la Sicilia e che si ripropone di rappresentarla ancora. Lo sconforto aumenta ancora, assistendo al dibattito mediatico, perché si ha più di una percezione, se non la certezza, che forze politiche, partiti, leader veri o presunti non hanno il coraggio o, peggio ancora, non avvertono la necessità di operare un vero cambiamento a partire dalla composizione di liste, listini e cose simili. Dopo uno sfascio cosi evidente, dove nessuno può sentirsi incolpevole, il minimo che ci si aspetti è di non vedere gli stessi attori pronti a provare a fare un’altra rappresentazione”.

“Già non ricandidare inquisiti o peggio ancora condannati dovrebbe essere, in una democrazia seria, un fatto scontato (e cosi invece non sembra) ma nella fattispecie, visto il fallimento che trasversalmente ha interessato tutta la politica rappresentata all’Ars, anche con complicità esterne di taluna società civile rappresentativa di interessi, i partiti e le forze politiche se vogliono essere credibili, devono adottare subito una rigida e seria autoregolamentazione, che guarda all’anti casta, alla diminuizione di sprechi e privilegi, alla eliminazione di rendite di posizione (spesso anche familiari) cominciando ad esempio a porre un limite al numero di legislature a cui si può concorrere, consentendo cosi non solo un ricambio generazionale e/o di rappresentanza ma impedendo anche pericolosi radicamenti nei luoghi della gestione e del potere. In fatto di autoregolamentazione, in un momento come questo di grave crisi economica e quindi anche sociale, (ma sarebbe bene e giusto sempre) le forze politiche dovrebbero anche porre un forte limite alle spese elettorali: a parte il fatto che l’elettore dovrebbe potere essere libero di scegliere un candidato non per il numero di 6×3 che riesce ad affiggere o per la qualità e quantità delle cene che riesce ad offrire ma per la sua storia, per il progetto che presenta e rappresenta, ponendo un limite alle spese elettorali si attuerebbe una seria e vera par condicio tra chi può e chi non può sostenere spese folli, in ogni caso, eticamente e moralmente inaccettabili. La politica non può e non deve essere vissuta e praticata come un investimento finanziario: spendo, quindi investo in una candidatura e in un modo o nell’altro, anche in forma illegale, devo recuperare e se posso anche guadagnare”.

“L’auspicio è che l’elettorato siciliano comprenda, finalmente, che non si può essere solo utilizzati, sfruttando spesso il bisogno, a vantaggio dei potentati di sempre o dei padroncini del momento, e che abbia uno scatto d’orgoglio a partire dalla scelta di esprimere comunque un consenso piuttosto che “rifugiarsi” nella silenziosa, ma inutile, forma di protesta dell’astensione. I chiari di luna che si scorgono, purtroppo, non lasciano intravedere nulla di buono per il prossimo futuro e non ci si può che appellare, da credenti, unicamente alla speranza per una sorte migliore per la nostra terra. “Un giorno questa terra sarà bellissima!”: non mi pare che sia giunto ancora il tempo perché la certezza di Paolo Borsellino possa essere prossima realtà vissuta”.


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