21 Marzo 2018, 09:00
5 min di lettura
PALERMO – La storia è vecchia, anche se il bando in arrivo è nuovo, nuovissimo anzi. Enti “storici” contro enti “giovani”. Grossi contro piccoli, in qualche caso, ma non sempre. È la solita guerra tra i soggetti protagonisti dei corsi di Formazione che oggi ha visto una nuova ‘battaglia’ nel corso di una audizione in commissione Cultura all’Ars alla quale hanno preso parte sindacati e associazioni datoriali. Al centro della discussione, i criteri per i finanziamenti dell’Avviso che la Regione pubblicherà nei prossimi giorni, ma il cui identikit è in parte rinvenibile già dalla delibera con cui la giunta regionale ha “apprezzato” il nuovo Catalogo delle professioni.
Insomma, il nuovo corso, quello del bando “a sportello” sembra piacere più o meno a tutti. La nuova “versione” della Formazione siciliana, quella in cui è l’allievo a scegliere corso ed ente, sembra convincere. L’idea, ispirata dall’esperienza lombarda del sicilianissimo Gianni Bocchieri, consulente dell’assessore al ramo Roberto Lagalla, è vista già come un successo.
I problemi però sono nei dettagli. In particolare, nella modalità di concessione dei contributi, presenti nell’ultima bozza del bando. Parametri che hanno innescato, come detto, il solito scontro tra enti vecchi e giovani. L’assessorato infatti aveva individuato un criterio preciso: la somma massima del contributo concessa potrà essere pari al doppio del contributo “migliore” ottenuto negli anni tra il 2010 e il 2017 (andavano escluse però dal computo alcune somme come quelle ricevute per i corsi Oif, di alta formazione o di apprendistato). Per gli enti che, pur accreditati, non avevano ricevuto contributi in quel settennio, il “limite massimo” sarebbe stato quello di 500 mila euro.
Paletti che, secondo gli enti “giovani” avrebbero favorito gli enti storici, che potevano in qualche modo difendere, così, il proprio “spazio” nel settore e limitando le aspirazioni di enti meno datati e comunque, magari in crescita. E così, sostanzialmente in commissione il fronte si è diviso in tre fronti. Da un lato gli “storici”, appunto, a difendere questo criterio basato sugli anni passati. Da un altro, alcuni enti giovani che chiedevano l’abbattimento di ogni paletto e di ogni limite al contributo. Da un altro ancora, altri enti “non storici” che chiedevano di calibrare i limiti dei contributi sulla base del fatturato dell’ente stesso. L’assessore Lagalla avrebbe accolto alcuni dei suggerimenti. E così, probabilmente, servirà qualche revisione al bando attualmente in lavorazione.
“Il fatturato delle attività nella formazione professionale, sia finanziate sia autofinanziate, alla stregua di quanto richiesto in tutti gli appalti pubblici, – spiega in una nota Antonio Oliveri, presidente dell’associazione di Enti Assofor – è e deve essere, a nostro parere, l’unico parametro di riferimento, o, se si vuole, un parametro aggiunto a quanto già sottoposto all’apprezzamento della giunta di Governo. E non è possibile escludere le attività ‘relative ai corsi Oif, ITS/IFTS, alta formazione, apprendistato, formazione continua finanziata con fondi interprofessionali’. Questo parametro è facilmente disponibile e verificabile, poiché è comunicato ogni anno da ciascun ente in autocertificazione, sotto la propria personale responsabilità. Il decreto sull’accreditamento e questa metodica sono validissimi strumenti di selezione, garanzia di equo trattamento tra enti, che non avranno nulla da opporre, e allo stesso tempo vera tutela degli Operatori della Formazione”.
“Se tutto rimanesse così com’è – gli fa eco Joseph Zambito, di Anfop, associazione che raccoglie enti giovani, ma anche enti storici – sarebbero prevedibili nuovi ricorsi, di fronte a una condizione che molti enti ritengono iniqua. Il decreto presidenziale sull’accreditamento è l’unico strumento di selezione degli enti, la garanzia di equo trattamento tra enti e allo stesso tempo la vera tutela degli operatori della Formazione. Siamo disponibili, – prosegue – come sempre ed in costante confronto con le organizzazioni sindacali, ad assorbire quanti più lavoratori fuoriusciti dal sistema. Il 13 Marzo del 2017 avevamo sottoscritto singolarmente un apposito verbale con i sindacati in cui ci impegnavamo a tutelare i lavoratori dell’albo regionale. Per noi quell’accordo quadro rimane ancora valido. La competizione tra enti è bene che si sposti dalle aule dei tribunali alle aule didattiche”.
Insomma, il bando sarebbe anche pronto. Adesso però bisognerà valutare eventuali modifiche da apportare. Sullo sfondo, però, come detto, c’è il tema caldissimo dei lavoratori, “parcheggiati” da anni in un albo. “La tutela degli operatori della formazione – ha spiegato Giovanni Migliore, della Cisl scuola – resta la nostra priorità, a prescindere dalle modalità di finanziamento previste dal bando”. Un bando tutto nuovo, che presto dovrà vedere la luce.
*Riceviamo e pubblichiamo una precisazione del presidente regionale Cenfop Massimo Papa
“A chiarimento di quanto detto nell’articolo e a tutela della buona formazione è necessario fare alcune precisazioni alle argomentazioni esposte. Non si tratta della guerra tra vecchi e nuovi ma tra chi vuole applicare le regole e chi invece tenta di indirizzare Governo e deputati verso una interpretazione di parte. Uscendo dalla legge 24/76 si è superata la logica del consolidato, che nessuno al momento rivendica, ma non è detto che si debba entrare nella logica del mercato delle vacche. Fare formazione non è alla stessa stregua di gestire un’azienda che fa utili. Il servizio essenziale di formazione professionale è un servizio senza scopo di lucro. Attualmente esistono tre percorsi per accreditare le strutture che corrispondono alla verifica di abilità differenti: esiste l’obbligo scolastico e formativo, la formazione per inoccupati e disoccupati e formazione permanente e la formazione autofinanziata, ossia i corsi a pagamento. Nessuna di queste esperienze può essere cumulabile perché indaga ambiti differenti ed evita l’incauto affidamento a soggetti che non hanno dimostrato attendibilità nella gestione della cosa pubblica. Al di là delle polemiche passate che hanno infangato il lavoro di soggetti sani che hanno subito le illegalità del sistema al pari dei lavoratori e degli utenti, oggi parlare di fatturato equivale ad introdurre il principio del lucro in un settore che lucrativo non è. Se poi qualcuno si ritiene imprenditore del settore può limitare la sua azione alle attività autofinanziate dove prevalgono altre logiche”.
Pubblicato il
21 Marzo 2018, 09:00