10 Giugno 2022, 20:08
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Sono proprio le parole di Roberto Lagalla, candidato sindaco del centrodestra a Palermo, che segnano il punto di non ritorno: “Questi casi dimostrano che non è la mafia a condizionare la politica ma singole mele marce che cercano ipotetiche scorciatoie elettorali. Adesso basta. A breve la Commissione nazionale antimafia diramerà la lista degli impresentabili (ecco i nomi successivamente diramati). Chiederò ai partiti le dimissioni di quanti, eventualmente eletti, risultino avere legami con Cosa nostra. Se ciò non avverrà sarò io a rassegnare le dimissioni”. Il messaggio in codice agli alleati sembra di non inverosimile decifrazione: attenzione, perché qui rischiamo di andare a sbattere.
Il punto di non ritorno sta nell’ultimo arresto di un candidato consigliere comunale di centrodestra, con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso. Uno era già difficile da minimizzare, due invocano il concetto del ‘troppo’. I candidati Lombardo (Fdi) e Polizzi (Fi), nelle loro vicende giudiziarie individuali, hanno l’inalienabile diritto a tutte le garanzie disponibili e a una cronaca scrupolosa che racconti, delimiti e specifichi, senza sparare nel mucchio. Ma, nella panoramica politica, il problema del centrodestra è grave. Elezioni che venivano date per scalabili, in virtù del riflusso per l’Orlandismo, dopo le pessime prove dell’ultima amministrazione, e per grazia di un numero di liste gigantesco, ora appaiono più intrecciate al caso. Quanto conteranno, nella percezione e per le decisioni degli elettori, i recentissimi eventi?
Chissà se, ripensandoci, Roberto Lagalla avrebbe compiuto altre scelte. Chissà se avrebbe detto, rispondendo alla legittima e diversa voglia di un ritorno in campo di Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri: grazie, niente di personale, però non posso accettare il vostro appoggio. Avete il diritto di rifarvi una vita privata e perfino pubblica, ma non potrete essere miei compagni di viaggio, per gli anticorpi che la parola mafia suscita… Chissà se non sarebbe stato il caso di battere il pugno sul tavolo per rivendicare la centralità di un progetto civico, non soggetto alle variabili partitiche. Tutto il centrodestra è causa del suo stesso male: ha costretto il suo popolo a sorbirsi l’interminabile telenovela della scelta del candidato sindaco e poi ha apparecchiato una tavola tanto frequentata, quanto rissosa e fragile, con un emergente deficit di attenzione per la sostanza che può andare oltre il requisito formale. Sono errori che – incidenti o non – alla fine si pagano.
Peccato. Peccato per noi, cittadini palermitani, che ci saremmo aspettati una campagna elettorale incentrata sui mali ben noti, non soverchiata dalla cronaca giudiziaria. Avremmo voluto che si discutesse di una città disperata, che acclama Giuseppe Conte col titolo di ‘U papà, non conoscendo, in certi contesti di povertà, altra via d’uscita che non sia il reddito di cittadinanza. Avremmo desiderato che qualcuno si impegnasse, con la mano sul cuore, a cancellare l’ignominia delle bare insepolte ai Rotoli. Avremmo sperato, insomma, che Palermo si concentrasse su Palermo. E, invece, siamo qui, alle prese con santini elettorali che si trasformano in foto segnaletiche, più confusi e infelici che mai. (Roberto Puglisi)
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10 Giugno 2022, 20:08