PALERMO – Molti ci sarebbero finiti dentro consapevolmente, altri senza saperlo avrebbero fatto da sponda ad Antonio Maria Sciacchitano divenuto uno degli uomini più influenti nella sanità pubblica siciliana. Tra i tanti incarichi ricopriva anche quello di presidente dell’Organismo indipendente di valutazione della performance della Regione.
Il commercialista originario di Corleone, finito agli arresti domiciliari, – annota il giudice per le indagini preliminari – avrebbe “sfruttato il ruolo ricoperto” e “approfittato delle conoscenze riconducibili alla funzione” per agevolare alcuni imprenditori nella gare di appalto sanitarie, “influenzando dirigenti sanitari di cui in passato aveva propiziato la nomina”.
Sciacchitano, la sanità e le influenze politiche
Ecco il cuore “politico” dell’inchiesta. Sciacchitano ha collezionato incarichi e potere – legittimi fino a prova contraria – solo che li avrebbe sfruttati per interesse personale. Nelle carte dell’inchiesta emerge, rileggendo le parole del commercialista, la sua posizione di influenza.
Sciacchitano la rivendicava nei confronti dell’ex manager dell’ospedale Civico di Palermo, Roberto Colletti, quando ci fu da scegliere il nuovo provveditore alle opere pubbliche. Fece leva sull’appoggio del deputato regionale, oggi deceduto, Riccardo Savona, che all’epoca presiedeva la commissione Bilancio.
“Ho tirato fuori i c…”
Sciacchitano spiegava di avere “tirato fuori i c…”, aveva “convocato (il manager ndr) in seconda commissione” per dirgli che “se non prende servizio Bisignano (Mario Bisignano ndr)… il nostro rapporto è chiuso…”. Era una questione di rapporti di forza: “… picciotti il direttore segue quello che gli dice il presidente della seconda commissione”.
Nell’inchiesta ci sono diversi contatti con Vincenzo Spera, ex provveditore dell’Arnas Civico di Palermo e poi, nel luglio 2022, nominato commissario straordinario dell’Asp di Trapani dall’assessore regionale Ruggero Razza. Allora Sciacchitano si attivò con Colletti per sponsorizzare il suo sostituto: “Non sarebbe il caso di accelerare sta cosa di Lo Medico?”.
Sulla nomina di Vincenzo Lo Medico avrebbe pesato la volontà di Schiacchitano. “Acceleriamo…”. I consigli furono accolto: “Ti volevo fare sapere che abbiamo un nuovo provveditore”, disse l’ex manager al commercialista e componente del collegio sindacale dell’ospedale Civico. Sciacchitano avvisò Lo Medico: “Vicè, auguri sei provveditore”.
“Ieri ho sentito il direttore generale”
C’è una conversazione in cui Sciacchitano riferiva le parole proferite da Colletti su una gara: “Ieri ho sentito il direttore generale… il quale mi disse ‘se ora arriva l’ispezione mi ammazzano'”. Parole che cozzerebbero con quanto sostenuto da Sciacchitano.
Nel corso dell’interrogatorio preventivo ha fornito spiegazioni alternative a quelle dei pm, sostenendo di avere agito sempre nell’interesse della pubblica amministrazione.
Sciacchitano si vantava di avere inciso nella carriera di Pietro Genovese, oggi all’Asp di Catania e in passato a Caltanissetta e all’ospedale Villa Sofia di Palermo: “Gli ho dato le indicazioni poi lui è diventato direttore amministrativo… questa cosa non se la scorda”.
Grazie a queste rete di conoscenze Sciacchitano avrebbe recuperato i documenti delle gare di appalto prima che venissero bandite o assegnate per passarli agli imprenditori. Una volta come stazione di posta sarebbe stata scelta un’edicola.
Un patto per controllare sei maxi gare che valgono 130 milioni fra Palermo, Trapani e Caltanissetta.
Il potere di Sciacchitano partirebbe da lontano. Ci sarebbe la sua regia dietro la nomina di Fabio Damiani alla Centrale unica di committenza per gli appalti della Regione siciliana.
“L’accordo corruttivo si sostanziava in questo… che io e te abbiamo fatto in modo… attraverso rapporti politici eccetera eccetera… di farlo arrivare alla nomina di direttore della Cuc”, diceva uno degli indagati, Giovanni Cino, mentre leggeva un verbale di Damiani.
L’atto giudiziario faceva parte della prima inchiesta, denominata “Sorella Sanità”, che ha portato all’arresto e alla condanna dello stesso Damiani. “In realtà è vero”, aggiungeva Cino.
“E quindi… e quindi noi però non lo facevamo perché… per altruismo… ma perché avevamo secondi fini… che poi è vero”, concludeva Cino in quella che secondo la Procura di Palermo e i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria avrebbe il peso di una confessione.