Oggi, a Palermo, è il giorno di Paolo Taormina, ventenne ucciso da un carnefice spietato. Ed è probabile che, per una certa subcultura della violenza, la mancanza di pietà sia un orrore di cui vantarsi.
Gaetano Maranzano, il 28enne dello Zen, reo confesso, intanto, resta in carcere. Il giudice per le indagini preliminari Emanuele Bencivinni ha scritto nel provvedimento che “un’azione così violenta, dimostrativa, di totale disprezzo per la vita umana induce inevitabilmente a ritenere l’indagato incline a reiterare reati della stessa indole e con mezzi di violenza personale”.
Oggi, nel giorno di Paolo, con i funerali fissati in Cattedrale, che seguiremo con la nostra cronaca, ci saranno lacrime, parole nobili, un sentimento di condiviso cordoglio. Palermo si ferma.
Ci stringiamo alla famiglia. Non sappiamo quali saranno, nel dettaglio, le risultanze giudiziarie. Di sicuro, i familiari di una vittima innocente hanno cominciato a scontare l’ergastolo di una separazione. Da innocenti.
Sarà il giorno di Paolo, il giorno della consacrazione di un addio. Bisognerà guardarsi in faccia e cominciare a dire: basta. Però, davvero. Un’esigenza gridata dall’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, e dall’arcivescovo di Monreale, Gualtiero Isacchi.
“Che la vita di Paolo diventi segno di trasformazione delle nostre Città, germe di rinascita. È vero, ce lo eravamo augurati già lo scorso aprile, dopo quella notte di sangue a Monreale. Oggi rinnoviamo la stessa speranza. Basta violenza. Basta uccisioni”. Ecco il monito.
Oggi è il giorno di Paolo, lo vivremo con sofferta partecipazione. Poi, dovremo conservarne la memoria, in questa città un po’ distratta che offre anime generose, persone buone, figure impegnate, accanto a esperti nel calcolo più sporco, indifferenti, professionisti del cinismo reddizitio.
Sarà necessario tirare una riga incruenta: non tra lo Zen e il resto di Palermo, come malamente sognerebbe qualcuno. Ma tra chi vuole costruire e chi si è arreso alla rassegnazione.
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