Palermo, Caronia: "Infiltrato per la finanza, un medico mi disse..."

“Io, infiltrato per la finanza, altri medici sanno e uno mi ha avvertito…”

Il chirurgo toracico Francesco Caronia
Parla Francesco Caronia, il medico che ha sollevato il presunto scandalo del Civico

PALERMO – Parla di “venti decessi sospetti” e di “errori grossolani” in sala operatoria. Di un sistema dove conterebbe il profitto e non la salute dei pazienti. Il chirurgo toracico Francesco Caronia sostiene che “altri medici” sanno ma non parlano e alcuni sono “pentiti” delle cose che hanno fatto. Dopo le denunce si è rivolto al deputato regionale Ismaele La Vardera e la vicenda ha avuto una risonanza mediatica nazionale.

Un collega lo avrebbe addirittura “avvicinato” per convincerlo a non denunciare. Meglio evitare se si vuole fare carriera. Anche questo dialogo è stato registrato. A proposito di registrazioni: sarebbe stata la guardia di finanza a chiedere a Caronia di diventare una sorta di infiltrato nel reparto di Chirurgia toracica dell’ospedale Civico di Palermo.

Qualcuno l’ha definita un “pentito della sanità”. Ci sono delle colpe o degli errori commessi di cui si pente?
“Gli errori li facciamo tutti, ma non ho colpe di cui pentirmi. Mi sono ritrovato in un reparto gestito in maniera non corretta. Ci sono medici e infermieri che possono testimoniarlo. Ci sono stati pazienti non pronti ma inseriti in sala operatoria, senza che il caso fosse stato prima studiato. Pazienti in sala operatoria seppure avessero patologie in stato avanzato, dunque non suscettibili di operazione. Oppure messi in sala operatoria con la scusa di trovare una diagnosi quando la diagnosi c’era già. Pazienti in sala operatoria che potevano avere un trattamento alternativo. Il consenso informato è chiaro: tu devi offrire un’alternativa, devi informare i pazienti che c’è un trattamento meno invasivo alternativo, poi se devi operarlo d’urgenza per risolvere il problema questa è un’altra storia”.

Le è successo di entrare in sala operatoria e rifiutarsi di operare?
“Sì”

Dei suoi rifiuti resta traccia nelle cartelle cliniche?

“Non è detto, Librizzi (il primario Damiano Librizzi ndr) mi diceva di andare in sala operatoria la mattina e io spesso mi sono rifiutato. Accade se il malato non lo conosco, non ci ho mai parlato, non ho parlato con i parenti, non gli ho spiegato la tecnica. La gestione del consenso è fondamentale. C’è una cattivissima abitudine: il consenso non va firmato la sera prima dell’intervento, è una cosa gravissima. Ogni consenso così diventa impugnabile, invece deve essere metabolizzato dal paziente e dai parenti. Devono capire bene cosa si sta per fare e non va chiesto in un momento di stress pre operatorio”.

Questo sistema che lei denuncia perché sarebbe stato messo in piedi? C’è l’interesse a fare numeri, ad apparire bravi o cos’altro. Ci spieghi
“Questo riguarda la sua (di Librizzi ndr) gestione del reparto. Non mi permetto di offendere, ma la gestione in certi momenti è stata delirante. Mi sono trovato in condizioni imbarazzanti, mi è capitato di dire a certe persone che non potevamo prendere decisioni diverse da quelle prese dal primario perché quando inizi un percorso chirurgico è difficile tornare indietro”.

Quando capisce che la misura è colma e decide di dire basta?
“Lui (Librizzi ndr) ha preso servizio nel dicembre 2020, inizi 2021, ma è stato un momento di transizione. Nel 2021 comincio a vedere le anomalie. Ne parlo con i miei superiori ma fino a un certo punto perché c’era un concorso (il concorso che vedrà Librizzi primeggiare su Caronia ndr) e non potevo raccontare tutto quello che stava accadendo. Poi avevo solo iniziato a capire, serviva più tempo e intanto mi sono informato con altri colleghi di Napoli, dell’Ismett…”.

Per quanto tempo è proseguito questo momento, definiamolo, di osservazione?
“Qualche mese, se nella fase del concorso avessi fatto una denuncia contro il collega sarebbe stato un harakiri. C’erano stati un paio di decessi e avevo pochi motivi seppure gravi di creare un allerta”.

Si potrebbe contestare che lei abbia atteso l’esito del concorso e abbia poi deciso di denunciare soltanto perché non lo ha vinto
“Speravo, vincendo, di aggiustare tutto quello che invece è successo dopo la nomina di Librizzi. Dalla nomina avviene una escalation di casi allucinanti. Sia chiaro che avrei comunque denunciato Librizzi, non lo avrei voluto come mio collaboratore. Ci sono almeno dieci persone, ci sono dei file che lo dimostrano”.

Che genere di file?
“Ne ho parlato prima con altri colleghi siciliani, ma qui preferisco non aggiungere altro”.

Lei denuncia il caso della mamma, Nadia, deceduta perché invece di fare una una biopsia locale le è stata praticata un’anestesia totale. Anche di fronte alla morte di una paziente così giovane lei ha ritenuto comunque di dovere aspettare di vincere il concorso prima di attivarsi? Non era giusto parlarne subito?
“Immaginiamo che io avessi fatto una denuncia del genere prima del concorso che figura avrei fatto? Avevo la promessa, mantenuta stringendo la mano ai parenti di Nadia, che Nadia non sarebbe stata addormentata, che avrebbe fatto una biopsia in anestesia locale”.

Insisto, la morte di una giovane donna non poteva rompere prima il suo indugio?
“Il fine giustifica i mezzi, mi sono detto che dovevo aspettare la fine del concorso per cercare di risolvere tutti questi problemi. Io dovevo documentare ciò che dicevo altrimenti sarebbe stata la mia parola contro la sua. Dovevo avere delle prove da portare all’autorità giudiziaria, tanto che è la guardia di finanza che mi dice di registrare”.

Ci spieghi questo passaggio?
“Porto i primi file alla finanza che giustamente mi guarda e dice ma questo è pazzo? Divento credibile perché porto dei file. Ce n’è uno in particolare, di cui non posso dire nulla al momento, ma sono stato avvicinato da qualcuno che mi ha consigliato di non fare denuncia nei confronti di Librizzi e dell’ospedale”.

Un medico, un dirigente, un collega di un altro ospedale. Chi è stato?
“Al momento non posso dire altro, è stato carino, mi ha dato dei consigli”.

Almeno ci dica se lavora al Civico?
“Sì, è un medico che lavorava in quell’ospedale”.

Che cosa le disse?
“Mi disse di non fare niente perché altrimenti non sarei diventato mai primario, che nella guerra ci sono sempre colpi per tutti”.

Lei ha preso le parole del collega come un consiglio o come una minaccia seppure velata?
“Questo non lo voglio dire… è stato un consiglio. Poi deciderà la magistratura cosa realmente sia stato. A quel punto la finanza capisce che sono credibile e mi invita a registrare il più possibile. Non sono né pentito, né bastardo. Voglio solo mettere in evidenza la verità”.

Il fatto che lei sia diventato “un infiltrato” della finanza è scritto da qualche parte?
“Non lo so, ma la finanza certamente non lo negherà”.

E dopo che succede?
Nulla, faccio il ricorso per il concorso e lui (Librizzi ndr) vince. Mando una pec al direttore generale nella quale dico che la casistica operatoria presentata dal vincitore è fatta in maniera forfettaria, ma non mi risponde. L’avvocato Dagnino manda una diffida con richiesta di sospensione in autotutela del concorso e non succede nulla. Mi rispondono, ma non parlano della casistica operatoria. Lui diventa primario a ottobre, ma io l’ho denunciato prima, a luglio”.

È mai stato convocato da un pubblico ministero (l’avvocato Elena Gallo che assiste Caronia insieme a Gianluca Calafiore spiega di averne fatto esplicita richiesta nell’opposizione all’archiviazione decisa dal Gip sulle cartelle sanitarie che, secondo Caronia, sarebbero state falsificate)?
“No, mai convocato. La mia querela non è distruttiva o demolitiva. Ho segnalato casi che non dovevano essere condotti in quella maniera per chiedere alla Procura di aiutarmi a capire che sta succedendo. Ci sono troppi decessi, una ventina, troppe cose che non vanno”.

Siamo in presenza di tecniche operatorie diverse o di errori grossolani?
“Secondo me, sono errori grossolani”

Sulla vicenda dei falsi il pm ha chiesto di archiviare l’inchiesta e il Gip ha chiuso il caso? Si è chiesto perchè?
“Ho massima fiducia e rispetto per la magistratura. Ero indeciso se fare il magistrato o il medico. Prima della richiesta di archiviazione mi sembrava che tutto fosse ancora in itinere. Magari qualcuno avrà pensato che sono un pazzo, non lo so. Il punto è che non sono stati affrontati i temi sanitari, c’è stata una divisione dei filoni di indagini sullo studio delle cartelle cliniche falsificate. La finanza li ha trovati i falsi con danno erariale per 116 mila euro provocato da codifiche scorrette. Magari il magistrato non ha associato il fatto che i falsi possano essere legati a pazienti che non dovevano andare in sala operatoria o che hanno avuto diagnosi sbagliate o ad interventi che sono stati fatti ma erano inutili. Forse non sono stato bravo io a spiegarlo nella querela”.

Torno a una delle domande iniziali. Tutto questo perché, a chi gioverebbe?
“Librizzi ha vissuto un periodo sotto stress perché dovevamo produrre. La direzione generale lo chiamava con insistenza perché il reparto andava male. È finito dentro qualcosa più grande di lui, diceva ‘dobbiamo operare altrimenti ci fanno chiudere'”.

Vittima pure lui, stritolato pur di assecondare le indicazioni?
“Sì, gli ho detto per favore non ripetere frasi come ‘apriamo e chiudiamo i malati a tutti i costi’. È umanamente incommentabile, lui (Librizzi ndr) è un buono che si è trovato in una gestione così gravosa e non ha il carattere per farlo”.

Cosa pensano i suoi colleghi delle sue denunce?
“Un paio che sono amici di Librizzi non riescono a scindere il fatto che la salute pubblica, il benessere del paziente vada oltre l’amicizia. Ce ne sono altri che hanno capito che certe condotte non vanno adottate”.

Quanti stanno dalla sua parte e quanti contro?
“Siamo sei, tre e tre. Ci sono dei colleghi pentiti di avere fatto certe cose e ora non le farebbero più”.

Come finirà questa storia? La parte amministrativa è stata archiviata e se lo fosse anche quella strettamente sanitaria, se le indagini facessero emergere che le sue accuse sono infondate?
“Ho un piano B, posso anche non fare più il medico. Voglio la verità”.

Se le sue denunce risultassero infondate anche lei rischia qualcosa. Lo ha messo nel conto?
“Oggi (lunedì 19 maggio) ho riposto al direttore sanitario che mi ha chiamato per un colloquio: meglio perdere il lavoro che l’anima. Ci sono venti decessi che potevano essere evitati”.

La magistratura indaga e sta indagando anche la commissione istituita dall’assessorato regionale della Salute. Le prime risposte non dovrebbero tardare ad arrivare. Dal Civico e da Librizzi nessuna presa di posizione ufficiale. Trapela la convinzione granitica di potere dimostrare la correttezza del lavoro dei medici dell’ospedale palermitano, ma non è ancora arrivato il momento di replicare.


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