12 Luglio 2022, 11:34
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PALERMO – Prima amici e poi soci. L’inchiesta sugli affari della mafia, che ha portato al blitz della notte, si concentra sul rapporto fra l’imprenditore Cesare Ciulla e il boss Giuseppe Calvaruso.
Il primo, proprietario della catena di negozi Hessian, ha un passato segnato da una condanna a 10 anni di carcere per droga.
Il secondo è un mafioso di Pagliarelli, mandamento di cui sarebbe stato il reggente, già condannato due volte, legato a Giovanni Motisi, il capomafia latitante di cui si sono perse le tracce, e vicino a Giuseppe Salvatore Riina, il figlio del capo dei capi. Nel marzo dell’anno scorso Calvaruso è stato arrestato di nuovo.
Ciulla, secondo i pm di Palermo, “ha assicurato, in via sistematica e continuativa, il proprio qualificato apporto a Giuseppe Calvaruso nella consapevolezza del ruolo mafioso di quest’ultimo”. Un apporto che si sarebbe tradotto in affari. Alcuni andati in porto, altri non ancora concretizzati e forse stoppati dall’arresto del mafioso.
Per i pm, e il giudice Walter Turturici ne condivide l’impostazione, Ciulla e Calvaruso sarebbero soci occulti in alcuni negozi ora finiti sotto sequestro. Di sicuro quando nel 2014 Calvaruso ha finito di scontare la condanna ha potuto contare sull’amico Ciulla. Quest’ultimo gli ha affidato i lavori di ristrutturazione di una decina di punti vendita.
Calvaruso aveva messo su un’impresa edile, la “Edil Professional“. Anzi, sarebbe stata avviata solo per questi lavori. Sono gli unici inseriti nella contabilità. Almeno quella ufficiale perché c’è anche una contabilità parallela e in nero. A trovarla è stato l’amministratore giudiziario che gestisce l’impresa edile, finita sotto sequestro il giorno del nuovo arresto di Calvaruso. In un foglio manoscritto nella sede di via San Raffaele Arcangelo c’era l’elenco dei negozi.
Se a Calvaruso servivano dei soldi, ad esempio per le famiglie dei detenuti, Ciulla non si sarebbe tirato indietro: “Io per quello che posso fare a disposizione”, diceva il titolare dei negozi Hessian all’amico. Che rispondeva: “Grazie, mi levi dai guai perché non so che dirci… perché non è che solo fine settimana è pure vigilia di Ferragosto”. I parenti degli arrestati reclamavano i soldi.
Che fra i due ci fosse amicizia era noto anche a Salvatore Sorrentino, altro mafioso di Pagliarelli e braccio destro dell’anziano capo mandamento Settimo Mineo che ha presieduto il tentativo di riunione la cupola di Cosa Nostra nel 2018.
Sorrentino, durante i colloqui in carcere con i parenti registrati dai finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria, si riferiva a Ciulla chiamandolo “quello delle borse“, mentre Calvaruso era “gnometto” per via della sua statura.
Ed è grazie alle conoscenze di Ciulla che Calvaruso pensava in grande. Voleva costruire e gestire un resort nell’isola di Vulcano. I soldi li avrebbe dovuti investire uno degli imprenditori che gli erano stati presentati da Ciulla. C’erano stati contatti con i titolari di grosse società che si occupano di cosmetica, intimo, borse e accessori. Nomi di caratura nazionale e internazionale.
“Gli sto facendo comprare a Vulcano il residence, dandomi la gestione, il patto è questo”, diceva Calvaruso nel 2017. L’affare non andò in porto: “Lo sai qual è la rabbia… che con 300.000 fai l’operazione”. E che operazione: 25 unità immobiliari.
Altre trattative erano in corso. Poi l’arresto di Calvaruso sparigliò le carte e mandò in crisi Ciullia. Si mise subito “a disposizione per qualsiasi cosa” perché “era fortemente amareggiato”. Così diceva in una telefonata al padre di Calvaruso.
Si attivò anche per le piccole esigenze. Un bonifico da 200 euro all’amico rinchiuso nel carcere di Nuoro e l’acquisto di un paio di scarpe marca Barrett. Un capriccio per il detenuto Calvarusso: “Vedi che per le scarpe con il fondo bianco ho girato mezza Palermo, tutti mi dicono sono estive”, diceva Ciulla a Giovanna Calvaruso, sorella del boss e sua impiegata.
Impiegata e non solo. Era lei a parlare degli affari, “di due negozi a Palermo… li devo gestire io uno qua al centro a Palermo in via Ruggero Settimo e l’altro all’interno di un centro commerciale. La Yamamay è sempre disposta a…”, diceva parlando con un agente. E aggiungeva: “Il titolare è lo stesso… poi questo siamo in società insieme al proprietario e mio fratello”.
Che fossero soci nel punto vendita all’interno del Conca d’Oro emergerebbe anche dalle parole che Ciulla rivolgeva a Calvaruso: “…io gliel’ho detto quel discorso nostro di Conca d’Oro”.
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12 Luglio 2022, 11:34