PALERMO – Arresto convalidato e misura cautelare in carcere. Così ha deciso il giudice per le indagini preliminari Lorenzo Chiaramonte nei confronti di Giuseppe Cangemi, assassino del cognato Stefano Gaglio.
Non passa, almeno per il momento, la tesi difensiva delle turbe psichiche di cui soffre l’indagato. Il gip ritiene la patologia “risalente nel tempo” facendo riferimento ad una diagnosi del 2021 ad opera degli psichiatri del Policlinico di Palermo.
L’avvocato Salvino Pantuso, però, ritiene che non sia stata data la giusta considerazione ad altri documenti che spostano avanti negli anni, fino al 2023, la malattia di Cangemi. Sin d’ora il legale annuncia che farà ricorso al Tribunale del Riesame.
Confermato il movente economico del delitto sostenuto dai pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Gaetano Bosco, sulla base delle indagini della squadra mobile. Cangemi accusava Gaglio di avergli messo contro due tre figli, rivelando la volontà del padre di tagliarli fuori dall’eredità della casa di famiglia in via Nicolò Cervello alla Kalsa. Come ricostruito da Livesicilia l’ultima lite fra i due avvenne al telefono. “Sbirro, spione”, avrebbe detto Cangemi rivolgendosi al cognato.
Il documento medico attesta “ansia, panico, sintomatologia ossessivo-compulsiva, oltre a sintomi depressivi e da stress post-traumatico”, “turbe dissociative con psicosi, grave depressione endogena”. Su tratta di una “patologia di tipo psichiatrico postumi dell’infezione da Covid-19”.
Secondo il giudice, non è tale da far ritenere che il Cangemi sia un soggetto incapace di intendere e di volere e dunque non imputabile, atteso che si tratta di documentazione attestante uno stato patologico che non solo è risalente ad oltre quattro anni fa, ma che nemmeno appare di per sé escludere la capacità di comprendere il significato delle proprie azioni e la capacità di autodeterminazione”.

