Totò Riina e il processo per la strana estorsione degli aspirapolveri

Totò Riina e il processo per la strana estorsione degli aspirapolveri

Una condanna e una prescrizione

PALERMO – Il rappresentante di aspirapolveri non voleva restituire i soldi e sarebbe intervenuto qualcuno che, vista la sua identità, avrebbe potuto essere particolarmente convincente. Si chiama Totò Riina, ma è solo omonimo del capo dei capi.

Sorte diversa per due imputati nel processo per una insolita estorsione. Luigi Li Vigni è stato condannato a 5 anni (difeso dall’avvocato Riccardo Ruta, la richiesta era più pesante: 8 anni) dal Tribunale presieduto da Bruno Fasciana, mentre il reato contestato a Salvatore Vattiato è stato derubricato in minacce ed è intervenuta la prescrizione.

Il responsabile per la Sicilia di una nota casa costruttrice di aspirapolveri si era accorto che il venditore sulla piazza di Palermo e provincia lo aveva raggirato. Avrebbe usato un metodo scorretto per fare impennare le vendite: suggeriva ai clienti di pagare solo la prima rata dell’elettrodomestico.

Il suo capo, una volta scoperto il trucchetto, lo avrebbe mandato via intimandogli di non mettere all’incasso gli assegni delle provvigioni. La notizia arrivò all’orecchio di Riina che si sarebbe candidato per risolvere la faccenda a modo suo. E cioè minacciando il rappresentante con una pistola.

All’incontro sarebbero stati presenti i due imputati. Secondo il Tribunale, per l’estorsione andava punito solo Li Vigni. Riina era già stato condannato in un altro processo.


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