27 Febbraio 2021, 09:55
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Finalmente un’analisi approfondita da parte della politica trapanese, sull’ipotesi di costruzione di un parco eolico offshore al largo delle isole Egadi e in pieno Canale di Sicilia. E’ quella del circolo trapanese del Partito Democratico, guidato dal segretario cittadino Andrea Rallo. Un lavoro di tutto rispetto che analizza vari punti, se non tutti, della proposta industriale avanzata dalla società Renexia S.p.A. (leggi qui e qui) e ne traccia un quadro complesso al punto da chiedere al Ministero alle Infrastrutture e Trasporti, a quello dell’Ambiente e della tutela del mare, al Dipartimento per i trasporti e la navigazione e alla Direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, di non procedere, al momento, al “rilascio della Concessione del Demanio Marittimo” per un progetto che appare non aver ancora avuto adeguata valutazione di impatto ambientale e paesaggistico e che assicurerebbe al richiedente una concessione su uno spazio marino di fatto paragonabile nel suo complesso all’intera provincia di Trapani, per la durata di 30 anni: uno spazio marino situato al centro di un’area densa di transiti che unisce e collega civiltà e interessi che travalicano, peraltro, gli stretti confini nazionali.
La richiesta di concessione demaniale marittima “si riferisce allo specchio acqueo sul quale insisteranno l’impianto eolico e la parte di cavidotto marino di circa 200 km fino al tratto antistante Termini Imerese”.
L’impianto, secondo quanto emerso dagli studi dei Democratici trapanesi, sembra prevedere nei suoi elementi essenziali:
Il Partito Democratico, viene precisato nell’elaborato inviato agli organi competenti, condivide l’urgenza della transizione ecologica ed apprezza il contributo che potrebbe fornire un impianto come quello progettato dalla Renexia S.p.A. specie in termini di risposta al fabbisogno di energia da fonti rinnovabili e in termini di risparmio di produzione di CO2.
Tuttavia, nell’approssimarsi della scadenza per la presentazione delle osservazioni a fronte della richiesta concessione, dalla lettura della documentazione pubblicata sull’apposito link da Renexia spa, per i rappresentanti del PD sono emersi dei punti di attenzione in merito ad aspetti che appaiono non pienamente delineati o che hanno suscitato l’attenzione di specifiche categorie economiche.
Eccoli, uno per uno.
Considerato che l’impianto non mira a sovvenire specifiche esigenze energetiche della Sicilia, non è chiara l’esigenza della sua dislocazione in prossimità, seppure al di fuori delle acque territoriali, di un territorio che sta facendo un percorso mirato alla valorizzazione dei suoi cospicui giacimenti ambientali. Al contrario, salta all’evidenza l’esigenza della costruzione di un oneroso e lungo cavidotto per portare l’energia prodotta addirittura in Campania.
Si è appreso – da alcuni dati tecnici di sistema – che, per l’inefficienza di reti eccessivamente lunghe, viene dispersa ogni anno una notevole quantità di energia: sembrebbe che a livello nazionale si registri una perdita quantificabile in circa venti terawattora corrispondenti, più o meno alla stessa quantità di energia che verrebbe importata dall’estero.
Ciò che suscita clamore è la dimensione e la portata dell’impianto del nascituro parco eolico che (secondo quanto empiricamente desumibile dalle immagini riprodotte nelle relazioni allegate alla richiesta) sembrerebbe occupare – di fatto e nel suo insieme – una superficie acquea, salvo errori, pari a circa kmq 2.000 (la provincia di Trapani occupa una superficie di 2.470 kmq.).
Nel Regno Unito è in corso di realizzazione l’impianto di Dogger Bank che, per dimensione e potenza, potrebbe paragonarsi a quello prospettato, in quanto occuperebbe una superficie marina di kmq. 1.714, per sviluppare una potenza complessiva pari a 3,6 GW.
La sua collocazione, tuttavia, non è prevista al centro di due aree naturalistiche di assoluto rilievo ambientale e turistico, quali sono la Riserva Marina delle Egadi e i Banchi di Skerki e Talbot, bensì al Centro del Mare del Nord, mediamente a km 200 sia dalle coste inglesi sia dalle coste dei Paesi Bassi, su fondali mediamente profondi mt. 30;
Il posizionamento dell’impianto a ponente di Marettimo costringerebbe le navi in transito a concentrare le rotte, in un più stretto corridoio, tra Capo Bon e il banco Skerki, considerato che apparirebbe meno consigliabile l’attraversamento di un reticolo formato dalle 190 torri gallegianti.
Dalla osservazione istantanea delle rotte seguite dalle navi sono stati rilevano due flussi:
Secondo il circolo PD di Trapani, le navi che transitano seguendo questo minore flusso avranno due scelte: o unirsi al transito che scorre più vicino alla Tunisia o, compatibilmente con le normative che regolano anche l’Area Marina Protetta, avvicinarsi maggiormente all’isola di Marettimo.
Ciò, mentre il Porto di Trapani, e Trapani stessa, si candidano a rappresentare una porta di ingresso per l’Europa, proprio al centro del mare che deve servire per unire i popoli del Mediterraneo.
Per il PD “il passo che si compirebbe sarebbe irreversibile per almeno trent’anni”.
Ecco le evidenze istantanee del transito navale delle due aree:
Canale di Sicilia
Mare del Nord
Il PD condivide l’allarme lanciato dai rappresentanti del comparto della pesca: verrebbero sottratte all’attività della pesca – per un periodo eccessivamente lungo (almeno trent’anni) – importanti aree, con conseguente concentrazione e riduzione degli spazi di mare disponibili e possibili, nonché ipotizzabili, pericolose sovrapposizioni di attività di pesca in aree su cui si svolge il traffico commerciale.
In questo caso lo studio fa rinvio a quanto rappresentato dalla locale sezione del WWF, che ha specifica competenza in materia. “Tuttavia -viene specificato – non si può fare a meno di sottolineare l’esigenza di una valutazione delle ricadute in termini di impatto acustico, che potrebbe avere incidenza e portata anche più generale, ove non adeguatamente e previamente verificati”.
L’area interessata si trova giusto a ridosso di un’Area Marina Protetta sulla cui bellezza e caratteristiche non contaminate si è puntato per lo sviluppo di tutto un più ampio territorio. Il semplice accostarsi di manufatti della dimensione e dell’impronta ecologica rappresentati nel progetto, secondo lo studio portato avanti dai DEM, può essere motivo di disaffezione del turista ai luoghi.
Peraltro, il progetto non sembrerebbe tenere conto del contesto energetico e culturale delle isole vicine, in quanto nessun richiamo è palesato. E, addirittura, viene chiaramente specificato che l’energia non è destinata al territorio siciliano e, tantomeno, all’arcipelago delle Egadi dove tutt’oggi l’energia non viene da fonti riciclabili – né sono previsti cavidotti di modesta entità che ve la potrebbero portare anche dalla terraferma – bensì da fonti fossili; tantomeno, sono previste e prevedibili facilitazioni e agevolazioni per i cittadini.
Non sono previste compensazioni di alcun genere, a fronte della fruizione di un “bene di tutti” (a maggior ragione, anche posto al di fuori delle acque territoriali), in favore dei territori vicini se non la consapevolezza (senz’altro vitale) di contribuire alla realizzazione degli obiettivi globali di atteso miglioramento ambientale.
I legittimi benefici economici agli investitori (non è chiaro l’eventuale utilizzo di fondi provenienti dal Recovery Plan o da altre fonti pubbliche) non sembrerebbero condivisi con il territorio, che continuerebbe a non vedere alcuna riduzione del costo della propria bolletta energetica.
Peraltro, viene precisato che sarebbe importante avere rassicurazioni circa le garanzie relative alla realizzazione e al completamento dell’impianto, alla sua manutenzione e successiva dismissione e, soprattutto, le Autorità dovrebbero avere ben chiare garanzie circa la permanenza di una governance societaria coerente con l’adesione agli interessi nazionali ed europei.
Ma malgrado l’impegno e l’ampio studio del progetto non sarebbe stato possibile rilevare specifica documentazione che evidenzi – ai fini di una verifica di sostenibilità – una rappresentazione e una conoscenza adeguata del territorio e, tantomeno, l’opportuna analisi costi/benefici che prenda in esame le ricadute socioeconomiche. Quindi, in conclusione, lo studio portato avanti dal PD di Trapani non è riuscito ad intravvedere, se non in termini genericamente indicati:
Ecco perché ritengono necessario richiedere la proroga del termine di 30 giorni, in un termine maggiormente congruo alla dimensione e portata dell’impianto, utile al fine di una opportuna e adeguata valutazione e, soprattutto, di non procedere, allo stato, al “rilascio della Concessione del Demanio Marittimo”.
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27 Febbraio 2021, 09:55