PALERMO – Una base operativa dove pianificare nuove strategie, fare i conti del traffico di droga, organizzare spedizioni punitive. Il bar dell’ospedale Civico, gestito dalla società Medi-Past e riconducibile secondo gli inquirenti a Vincenzo Giudice, arrestato nell’operazione Verbero, rappresentava il luogo in cui i boss del mandamento di Pagliarelli si incontravano la maggior parte delle volte.
Riunioni veloci per decisioni-lampo, summit in cui partecipava il triumvirato a capo del clan con tanto di affiliati ed esponenti degli altri mandamenti palermitani o semplice punto di riferimento per ogni appuntamento. Attorno al locale di via Carmelo Lazzaro ruotavano affari e regolamenti di conti, tanto da rendere necessario il posizionamento di alcune telecamere che hanno permesso ai carabinieri di ricucire la fitta rete di interessi tra i boss del potente mandamento. Tra questi, principalmente, quello della droga: secondo gli investigatori il bar era infatti la base logistica, per Giudice, in cui gestire il traffico delle sostanze stupefacenti.
La struttura è stata sequestrata ed è al centro adesso di nuove indagini, a partire dalla gestione storica del bar fino all’origine dell’aggiudicazione dell’attività commerciale. Gli investigatori vogliono accertare anche se altre attività all’interno dell’ospedale palermitano sono state controllate da Cosa nostra, i quali incontri all’interno del bar, negli ultimi tre anni, erano aumentati.
Fu proprio al termine di uno dei summit tra i boss che una telecamera all’esterno del locale fu danneggiata: quel giorno, era il 6 febbraio 2012, sul posto furono immortalati Giuseppe Civiletti, Alessandro Alessi, Massimo Perrone e Alessandro D’Ambrogio, capo mandamento di Porta Nuova di allora, che sarebbe poi stato arrestato un anno dopo. Fu Perrone, mentre raggiungeva la Smart guidata da Alessi, ad accorgersi della telecamera. Alcuni giorni dopo fu trovata bruciata. Un episodio che non impedì agli inquirenti di intercettare i successivi incontri avvenuti al bar, dove un mese e mezzo dopo si recarono Tommaso Nicolicchia e Giudice.
In base a quanto ricostruito dagli investigatori attraverso le microspie e i vari spostamenti accertati tramite gps, i due avevano poco prima effettuato un rifornimento di droga nel garage di Andrea Calandra, in via Volontari Italiani del Sangue, al Villaggio Santa Rosalia. Un locale che distava soltanto poche decine di metri dal bar del Civico e che permetteva a Giudice di prelevare la droga in poco tempo. Il garage veniva infatti utilizzato come un vero e proprio deposito, a disposizione dei vari componenti del clan. In quell’occasione, era il 12 aprile 2012, Nicolicchia e Giudice, usciti dal box salirono a bordo di un’auto e si recarono direttamente al bar percorrendo via Cesalpino e poi via Tricomi.
Lo stesso locale dal quale, un mese dopo, partirono per pestare a sangue un giovane pusher con cui gli inquirenti ritengono ci fossero dei problemi nell’organizzazione dello spaccio della droga. Dal bar uscirono Andrea Calandra, Antonino Pisano, Vincenzo Giudice ed un altro uomo che non è stato identificato. Tutti e quattro a bordo di due Sh, partirono con un obiettivo chiaro, quello di un regolamento di conti col ragazzo, rintracciato in vicolo Aquino. Il giovane fu picchiato e lasciato sanguinante. Pochi minuti dopo, sempre sugli scooter, i quattro aggressori tornarono al bar.