PALERMO – La “tranquillità” costava 5 mila euro una tantum e 500 euro al mese. Che presto diventarono 20 mila euro. Giovanni Vitale, 43 anni, soprannominato U Panda, non aveva fatto i conti con il titolare di due note discoteche della città che invece di mettere mano al portafogli si è rivolto alla polizia.
Vitale è stato arrestato dagli agenti della Sezione criminalità organizzata della Squadra mobile di Palermo. L’accusa è tentata estorsione. Il provvedimento, firmato dal giudice per le indagini Guglielmo Nicastro, è stato chiesto dal pubblico ministero Annamaria Picozzi.
La prima visita indesiderata è del maggio 2011. Vitale spiega che soldi, secondo una prassi consolidata in Cosa nostra, servono per la messa a posto e per aiutare le “famiglie dei carcerati”. Incassa un no secco ed è costretto a battere in ritirata. Passano pochi mesi e ad ottobre si rifà vivo. Nel frattempo l’imprenditore, già impegnato nel settore della ristorazione, ha rilevato un’altra discoteca. Giovanni U Panda gli rimprovera di “non aver fatto sapere a chi di dovere” del passaggio di gestione e di essersi sottratto alla tassa di Cosa Nostra. Vitale, sicuro e spavaldo, commette un errore imperdonabile. Mette la firma sulla tentata estorsione. Suggerisce alla vittima, infatti, di dire in giro che ha avuto a che fare con Giovanni U Panda.
In via Pietro D’Aragona, dove abita, e nel quartiere Sperone tutti sanno che si tratta del soprannome di Vitale, già noto anche alle forze dell’ordine. E così è scattato l’arresto. Adesso è caccia ai complici dell’estorsore.