Pochi rianimatori sulle ambulanze | L’appello dei medici del Cares

di

31 Gennaio 2016, 17:14

4 min di lettura

CATANIA. Il grido d’allarme dei medici del Cares: meno rianimatori sulle ambulanze. E’ una strada lastricata di tagli quella della sanità siciliana. A questo si somma la recente direttiva europea, ormai diventata esecutiva, che ha colto di sorpresa chi in tempo utile avrebbe potuto “ottimizzare” l’impiego di uomini e mezzi. Parte da qui il grido di allarme dei camici bianchi dell’associazione “Cares” che denuncia la rilevante diminuzione del numero di rianimatori-anestesisti presenti a bordo delle ambulanze etnee. Il presidente dell’associazione, il dottor Paolo Castorina, fa il punto ripercorrendo le tappe della vicenda. Dal 1998 al 2011 a Catania ci sono due centri mobili di rianimazione: uno al Cannizzaro e uno al Ferrarotto (poi trasferito al Santa Marta) con a bordo un anestesista-rianimatore in grado di coprire le ventiquattro ore. Poi la messa in campo di “tagli trasversali” operati dalla Regione “declassa il servizio” ad ambulanze medicalizzate con un medico dell’emergenza a bordo. Il 118 decide comunque di assicurare a bordo delle ambulanze la presenza di medici rianimatori che prestano servizio fuori dagli orari di lavoro garantendo la prestazione ai cittadini. Nel 2014 arriva la diffida della Comunità Europea che spinge l’Italia a invitare le regioni a ridurre “l’attività dei medici espletata fuori dagli orari di servizio contrattuali (trentotto ore a settimana) mantenendo però gli stessi servizi a costo zero”.

C’è un anno di tempo per organizzarsi. Al centro della diffida ci sono i “massacranti” turni di lavoro dei medici. Quando nel novembre del 2015 la direttiva europea diventa esecutiva, vertici ospedalieri e Regione si lasciano cogliere di sorpresa. Questo comporta, per l’impossibilità di superare il numero previsto delle ore lavorative, l’inevitabile riduzione degli anestesisti a bordo delle ambulanze del 118 a causa della mancata rimodulazione dei turni. La norma europea, infatti, impone la riduzione degli orari di lavoro per il personale medico. I parametri di riferimento intimano ai medici che operano negli ospedali di non lavorare più di tredici ore e di riposare per almeno undici ore tra un turno e l’altro. Si tratta di una direttiva di buon senso, ma se applicata a un paese con un numero sufficiente di camici bianchi. “A gennaio è accaduto che l’ambulanza che aveva a bordo il rianimatore, alterna adesso la sua presenza a quella del medico dell’emergenza, a secondo delle disponibilità queste ambulanze medicalizzate sono state comunque coperte ma la presenza sempre garantita del rianimatore nelle 24 ore adesso non c’è più”, racconta il numero uno del Cares.

Articoli Correlati

Castorina, pur riconoscendo l’abilità dei medici non rianimatori (“persone preparate che lavorano egregiamente”) evidenzia il quid in più che la presenza di uno specialista garantisce a bordo di un’ambulanza. Senza nessuna punta di polemica, sia chiaro. “La manualità e l’abitudine all’emergenza dei medici rianimatori sono diverse. La manualità di un anestesista a intubare tutti i giorni anche in condizioni difficili non può essere la stessa: non vogliamo fare una guerra tra uguali”. “Se ci avessero pensato per tempo, Regione e direttori generali, potevano cercare di rimodulare e vedere se nei servizi di anestesia-rianimazione si potevano trovare altre disponibilità, o inventare la possibilità che ogni anestesista potesse fare un turno al mese in ambulanza, ad esempio”, denuncia il medico etneo. Non c’è acredine nelle parole di Castorina, soltanto tanta amarezza. “Noi raccontiamo i fatti senza attribuire responsabilità, la nostra preoccupazione è di evitare che un servizio qualificato in vigore dal 1998 sparisca dall’oggi al domani nel silenzio assoluto”.

E il punto non sono i soldi in più percepiti da chi saliva a bordo delle ambulanze fuori dagli orari di lavoro. “C’è un corrispettivo economico, per altro molto ridotto rispetto ad altre regioni d’Italia come la Lombardia e il Piemonte, ma non è un problema economico: abbiamo uno stipendio che ci consente di vivere più che dignitosamente”. E sulla direttiva mette le cose in chiaro: “Ci disturba che i riposi ci siano imposti per legge”. “I sindacati – prosegue – gridano alla vittoria e hanno ragione laddove gli strutturati sono costretti a svolgere alcune attività fuori dagli orari di lavoro”. “Ma c’è chi sente la propria professionalità come parte integrante della sua persona: se sono un medico, lo sono anche quando sono fuori dal servizio”, spiega. “L’indicazione europea è giusta, ma si dovevano lasciare dei margini al libero arbitrio”, dice il rianimatore da anni a bordo delle ambulanze cittadine. L’invito è di tentare di mettere in campo in extremis una soluzione in grado di sanare la situazione che si è venuta a creare.

Pubblicato il

31 Gennaio 2016, 17:14

Condividi sui social