Quando "S" lo intervistò:| "Io, Crocetta e i pentiti" - Live Sicilia

Quando “S” lo intervistò:| “Io, Crocetta e i pentiti”

Sei mesi fa, Stefano Italiano concesse una lunga intervista al mensile "S" sul processo, sui rapporti con il presidente della Regione e su quelli con i suoi predecessori. Eccola.

L'intervista tratta dal mensile
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7 min di lettura

“La verità è che subisco un processo d’appello senza avere mai avuto un primo grado di giudizio”. La voce di Stefano Italiano diventa accorata. Stessa cosa accade quando parla dei meriti della Agroverde, la cooperativa agricola che presiede a Gela. Per il resto il suo tono di voce è sempre pacato anche se a volte non riesce a nascondere di essere stizzito per tutto ciò che è accaduto e che sta accadendo. Lo incontriamo in un pomeriggio di fine settembre. Non abbiamo un appuntamento. Ci presentiamo nella sede della cooperativa, in contrada Piana del Signore, a Gela. Chiediamo di lui e pochi minuti dopo siamo seduti nel suo ufficio.

Come procedono i lavori del parco fotovoltaico?

“Stiamo completando la fase preparatoria con i livellamenti e le sottostazioni. È una fase importantissima”.

Dovete fare in fretta.

“Il decreto regionale è del 28 luglio scorso e dobbiamo concludere a fine ottobre, salvo eventuali proroghe. È una grande iniziativa di produzione fatta da produttori. La prima in Italia. All’inizio non eravamo ben visti, se si parla di mafia siamo i primi, se si parla di produttività siamo gli ultimi”.

Ecco, lei tocca subito il tema della mafia. Che lei conosce bene.

“La mia è stata la prima denuncia contro la mafia in questa terra. Era il 2004. Sono stato pure indagato e l’azienda è rimasta sotto sequestro per venti mesi. Noi non siamo morti, però, nonostante si dica che quando un’impresa passi nella legalità finisca per fallire”.

Da denunciato a processato, perché lei oggi è imputato in appello. Lei ci vede mala fede nelle forze investigative, visto che la cosa per lei non è plausibile. Cosa è successo secondo lei?

“Subisco un processo d’appello senza avere mai avuto un primo grado di giudizio. Avevo chiesto il giudizio immediato, alla fine il Tribunale ha stabilito che l’azione penale nei miei confronti non doveva neppure iniziare perché nel 2002 c’era stata un’indagine, di cui non ero a conoscenza, e la mia posizione fu archiviata. Tutto parte da Emanuele Daniele Celona (si tratta di un collaboratore di giustizia, ndr) il quale dice che la Agroverde era tutta una cosa con un’agenzia di trasporti sotto inchiesta. Io in quel processo in cui si parlava per la prima volta di monopolio di trasporti ero teste chiave. Ma da cosa pensa che abbiano preso spunto per le indagini?”.

Tornando al processo d’appello, gli investigatori avevano sostenuto di avere raccolto prove a suo carico, ora la Procura generale ha impugnato la sentenza a lei favorevole. Cos’è, una persecuzione?

“Hanno citato sei pentiti. Io alle deposizioni ho voluto esserci. Ero solo, nell’aula bunker di Firenze. Non ne conoscevo nemmeno uno. Volevo capire il perché della citazione di sei pentiti. Volevo capire cosa avevano da dire e mi sono presentato. L’unico che diceva di avermi visto in un bar con dei mafiosi, che io ho denunciato, era Emanuele Daniele Celona. Quando il mio avvocato gli ha chiesto se conosceva Stefano Italiano lui ha riposto che se gli avessero fatto federe l’album fotografico lo avrebbe riconosciuto. Ma come, io ero seduto lì, davanti a lui, l’aula era deserta, perché non mi indicava. Un altro pentito, cognato del socio dell’impresa che fece questa struttura (si riferisce ad Agroverde, ndr), racconta che i soldi dei contributi arrivavano a me, io li davo a lui e lui dava al mafioso, che li portava a Madonia. L’impresa mi è stata presentata dall’architetto progettista. Io non la conoscevo nemmeno. Non sapevo chi fossero”.

Adesso viene fuori la questione del parco fotovoltaico. Cos’è, una persecuzione?

“Sì. Il progetto fu finanziato dal Cipe nel 2005, ma era stato presentato nel 2003. Nel 2004 denunciamo. Lei pensa che un progetto del genere si può portare avanti con un mafioso che ti tira la giacchetta a destra e poi ti minaccia a sinistra? Il progetto sarebbe già morto prima di iniziare perché i mafiosi non danno respiro. E poi sul progetto vorrei spiegare una cosa importante”.

Prego.

“Si parla sempre di soldi pubblici. Il progetto è stato finanziato con i soldi pubblici, 94 milioni e 800 mila euro, solo per l’aspetto l’aspetto agricolo. L’energia e quant’altro è privato. Il pubblico non va oltre il dieci per cento dell’investimento totale. Noi nel progetto agricolo, di cui ci finanziamo il 32 per cento, innestiamo quello fotovoltaico, e quello ce lo paghiamo noi. L’investitore ce lo cerchiamo noi”.

Ha fatto molto discutere anche la presenza in cantiere dell’impresa di Emanuele Mondello.

“Guardi, io non lo conoscevo. Posso solo confermare che come impresa è fra le più quotate. Hanno fatto i lavori in tempi rapidi. Non pensavo che facessero così in fretta. Poi, ho saputo che è uno che ha denunciato di pagare il pizzo. Anche io lo pagavo, ne avrei potuto fare anche a meno ma non allora c’erano le condizioni. Io l’ho pagato come cooperativa, hanno cercato di impormelo nella mia impresa privata, come guardiania, ma io non l’ho mai pagato. Mi hanno bruciato le serre, la casa, la qualsiasi, ma non l’ho mai pagato. Questo è il prezzo che uno paga, in passato è convenuto non pubblicare queste notizie”.

In che senso scusi?

“A suo tempo non andava bene dire che ero danneggiato. Ero il vicepresidente dell’associazione antiracket. Si potevano scoraggiare gli altri e non era una bella cosa. Le denunce le ho fatte, ma non sono mai state rese pubbliche”.

Nel caso di Mondello, dunque, lei è d’accordo con quanto sostenuto dal presidente della Regione, Rosario Crocetta: chi trova il coraggio di denunciare il racket ha diritto a un credito.

“In un paese, in una terra come la Sicilia dove il pagamento del pizzo è endemico, dove si va a cercare il mafioso per mettersi in regola, chi denuncia deve essere premiato? Mondello è uno che ha denunciato, ha voltato pagina. Ma se questo è il ritorno a livello sociale per uno che denuncia… io mi sono trovato nelle sue stesse condizioni. Io non conosco la sua storia, per me è sufficiente sapere che ha denunciato”.

Accetti la provocazione giornalistica: Crocetta è di Gela, la stessa città dove state costruendo il più grande parco fotovoltaico d’Europa… Cosa risponde, che il progetto è del 2005?

“No, le dico di più. Il passato ci ha visti contrapposti. Quando ero indagato Crocetta prese le distanze, non poteva fare diversamente. Come tutti. Quando la cooperativa andò in amministrazione non prese le distanze solo Crocetta, lo fecero tutti. Si rimane da soli. Mi creda, glielo dico io che l’ho vissuto sulla mia pelle. Ti fanno terra bruciata, perdi il lavoro, perdi tutto. Noi ci siamo ripresi a differenza di altre società che vanno in amministrazione e falliscono. A detta del procuratore Grasso, oggi presidente del Senato, le società che sono nel malaffare quando vanno in amministratore giudiziaria falliscono tutte. Noi non siamo falliti, come la mettiamo? Non siamo falliti e rilanciamo. Ci occupiamo di agricoltura e abbiamo guardato avanti. Nella qualità di sindaco Crocetta difese l’iniziativa, ma la delibera di giunta per andare avanti ce l’ha data il governo Lombardo, non quello di Crocetta. Prima chi c’era, Cuffaro? Anche lui ha difeso la nostra iniziativa. Ora c’è Crocetta, che fa, non la dovrebbe difendere? Oggi lui viene attaccato – a me non interessa neppure – ma sarebbe un controsenso se non appoggiasse l’iniziativa. La gente si inventa un mestiere. Avvocati, architetti… tutti fanno serre. Noi siamo una cooperativa agricola, le serre sono il nostro pane quotidiano. Siamo stati lungimiranti, dobbiamo essere premiati o no? I miei associati mi hanno eletto presidente all’unanimità. Ho l’adesione di tutti i coltivatori diretti. Forse perché guardiamo più avanti degli altri?”.

E se il processo dovesse andare male cosa farebbe?

“Non ho motivo di pensare che debba andare male. Comunque, guardi: prima della sentenza di primo grado avevo già detto che mi sarei tirato fuori. Ora le dico che farei un passo indietro, andrei a fare il produttore agricolo nella mia serra. E con meno problemi. Io la mia attività ce l’ho. Però le ricordo che sono a capo della cooperativa perché sono stato eletto liberamente. Nessuna coop ha fatto quello che abbiamo fatto noi. Mi pare che essere molto bravi non è sempre un bene. Facciamo ricerca, guardiamo avanti. Non è possibile che gli altri iniziano domani e siano più avanti di noi che abbiamo iniziato quarant’anni fa. Oggi abbiamo gente laureata, la Sicilia è piena di gente capace, noi abbiamo bisogno di loro. Facciamo agricoltura moderna, un laureato non può andare a zappare, ci vuole un lavoro degno della sua professione”.

 

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