“Ragazze, state sempre attente | Ogni uomo può essere un mostro”

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20 Marzo 2018, 18:31

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Può esserci un mostro acquattato nello specchio degli uomini che credono di essere risolti, sensibili e maturi. Qualcosa che confina con antichi peccati mai cancellati. Lo stigma di un maschio primitivo che può esplodere in ogni momento, e trasformarsi nel fuoco di un’accecante brutalità, suscitato da una folle gelosia.

Marina Cassarà, avvocato, ne conosce centinaia di storie così: quando dalla normalità apparente di qualcuno salta fuori un carnefice di svariate grandezze, dal molestatore, al manesco, all’omicida. Lei , da legale,si occupa, nel campionario offerto dal suo mestiere, di donne accerchiate, recluse che subiscono violenza, più spesso nascosta, talvolta manifesta.
Ed è tragicamente normale che l’argomento non si eclissi mai dall’orizzonte. Da Canicattini Bagni, ma non solo, con il viso dolce di Laura Petrolito, accoltellata e gettata in un pozzo, giunge la cronaca di un prolungato sterminio. E le vittime sono tutte donne.

“Ci sono diversi livelli di sopraffazione – spiega l’avvocato Cassarà – il più diffuso è quello che certi uomini considerano innocuo: non il gesto estremo, ma una quotidiana opera di soffocamento e di demolizione che toglie aria alla compagna, alla fidanzata, alla moglie. E non è un fatto di livello culturale. Tra gli abusanti ci sono medici, professori, alti dirigenti, persone brillanti, intelligenti, spiritose, convinte teoricamente della parità, del rispetto, etc, etc… Eppure, sono incapaci di riconoscere come tali le violenze che loro stessi mettono in atto”. Come se ci fosse un codice sommerso, una barbarie originaria che scatta e che annulla le parole, le convinzioni e la migliore volontà.

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Marina Cassarà, purtroppo, il sangue delle ragazze l’ha visto davvero. E qui siamo già nell’abisso da cui non si torna che non riguarda più l’inaccettabile ordinarietà di un sopruso. E’ stata lei, per esempio, a vegliare su papà e mamma Petrucci, al processo per l’omicidio della figlia. Carmela Petrucci, nell’ottobre del 2012, venne assassinata a coltellate nell’androne di casa. Per quel delitto Samuele Caruso è stato condannato all’ergastolo. “Ricordo benissimo la vicenda – dice l’avvocato – come potrei dimenticarla? Caruso sembrava un ragazzo mite, perfino gentile. Invece, c’era in lui qualcosa di orribile e di profondo. Non sempre il carnefice ha i modi di un carnefice”. “Chiedo scusa per il dolore che ho causato e perdono per il male che ho provocato”, scrisse l’omicida in una lettera inviata alla famiglia. Troppo tardi. Troppa colpa. Troppe lacrime.

“A tutte le ragazze offro un consiglio – conclude il legale – non sottovalutate i segnali, state sempre attente e non accettate nessuna forma di mancanza di rispetto. Mettete subito in chiaro le cose e, se certi comportamenti continuano, non passate oltre”. Perché può esserci qualcosa di inesorabile, un mostro in agguato, pronto a colpire, dietro il sorriso della sera prima.

 

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20 Marzo 2018, 18:31

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