27 Marzo 2013, 18:36
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PALERMO – E’ una piccola barca di tre metri in vetroresina, esternamente di colore rosso, bianca all’interno, come quella in foto. Una sorta di “vasca”, che era stata equipaggiata con un motore cinque cavalli: potrebbe essere stato il peso di quest’ultimo a trascinarla a picco in fondo al mare. Dell’imbarcazione e dei due ragazzi ancora dispersi non c’è traccia: Davide Arena, Massimiliano Perricone e Salvatore Zarcone sono usciti domenica mattina per andare a pescare, ma le acque, fino ad adesso, hanno restituito doltanto il corpo senza vita di Arena. Oggi si sono svolti i funerali del ragazzo, nella chiesa di corso dei Mille, la zona in cui era cresciuto insieme ai suoi due fraterni amici.
Poi un salvagente, oltre a quello che il giovane aveva indossato poco prima del ritrovamento. Si cerca quindi. Si continua a passare al setaccio un tratto di mare che diventa ogni giorno più ampio: oggi le ricerche si sono spinte fino a Cefalù. Nulla viene trascurato dalle undici motovedette in azione, oltre ai gommoni che monitorano la zona rocciosa sotto la costa, ai tre elicotteri che controllano l’intera area dall’alta e i sommozzatori dei vigili del fuoco, della guardia costiera e della polizia. Una maestosa macchina dei soccorsi quella avviata domenica, quando i genitori dei tre giovani hanno lanciato l’allarme: le perlustrazioni non si sono mai fermate. Ogni oggetto trovato tra le acque, in queste ore, viene recuperato ed analizzato.
Dai detriti ai pezzi di legno. Stamattina, ad esempio, il ritrovamento di una scarpa aveva per un attimo fatto riaccendere le speranze ai parenti di Salvo e Massimiliano, in attesa di notizie dei due ragazzi. Ma nessuno dei familiari l’avrebbe riconosciuta, non apparterrebbe quindi a nessuno dei due. Ma quello che viene a galla è in realtà materiale di ogni genere, anche in seguito al vento che ha sferzato Palermo negli ultimi giorni: “Oggi abbiamo recuperato una grossa quantità di polistirolo, riconducibile sicuramente ad una imbarcazione, ma non a quella dei ragazzi”, spiega il comandante Rosario Loreto.
“La barca che cerchiamo è rosso-amaranto, ma ancora non c’è alcuna traccia. Nel corso delle nostre perlustrazioni abbiamo individuato più volte alcuni resti in mare di questo colore, ma non si trattava dell’imbarcazione dei ragazzi. Non sottovalutiamo nulla – aggiunge Loreto – e anche in merito alla dinamica di quello che è successo ancora è tutto da vedere. Di sicuro – precisa – possiamo escludere la collisone, almeno in quel tratto dove il corpo di Arena è stato trovato. Da quelle parti si trova, infatti, una motocisterna in pianta stabile fino al termine di alcune operazioni commerciali. Se la barca di Arena, Perricone e Zarcone fosse stata travolta da un altro natante coloro che controllano quotidianamente la motonave avrebbero visto tutto”.
Quella dell’onda anomala, così, resta l’ipotesi più plausibile, quella che avrebbe dato il tempo ad Arena di indossare il salvagente bianco sul quale è stato trovato riverso. “Si è trattato probabilmente di pochi secondi – prosegue il comandante – gli stessi che sarebbero stati necessari per lanciare l’allarme dai loro cellulari. Ma non hanno invece avuto il tempo. Forse Arena ha indossato la ciambella dopo avere visto i suoi due amici in difficoltà: al momento non possiamo sapere se ce ne fossero tre sulla barca, ma quello trovato sotto il corpo del trentenne non era sicuramente in buone condizioni”.
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27 Marzo 2013, 18:36