06 Giugno 2020, 16:34
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CATANIA – Il bianco accecante del fianco della collina di rifiuti è una delle cose che si scorgono meglio guardando verso Siracusa. La discarica di Grotte San Giorgio, al centro della bufera giudiziaria scatenatasi nei giorni scorsi e che ha colpito il “sistema criminale oribitante attorno alla figura di Leonardi Antonino” portando all’arresto di nove persone, è ben visibile sin da Messina. Uno sfregio vero e proprio, un “mostro” alle spalle della Riserva naturale del Simeto, che interrompe la vista della costa, riportando immediatamente in Sicilia chi osserva ammirato la bellezza dell’Isola.
DANNO AMBIENTALE. Bellezza continuamente offesa, messa in pericolo principalmente dagli stessi che dovrebbero esaltarla, tutelarla e valorizzarla. Non ferirla, in certi casi a morte. Quanto accaduto al confine tra Catania e Siracusa non mette in evidenza solo il sistema illecito e corruttivo che continua a gravare sul settore rifiuti, ma evidenzia come l’ambiente e la sua tutela siano tra i primi a essere sacrificati al dio denaro, al profitto. Nonostante le proteste, le richieste, le urla di dolore di chi, al contrario, nell’ambiente vede una risorsa, oltre che un diritto di tutti. “A fronte delle condotte illecite sulla gestione dei rifiuti deve ritenersi commesso un inquinamento e un danno ambientale allo stato non suscettibile di determinazione”, riporta l’ordinanza.
Quanto scoperchiato dalla Guardia di Finanza, oltre al sistema, mette in luce il dispregio del bene pubblico, immaginato e trasformato in grande pattumiera. Come evidenziano alcuni passaggi dell’ordinanza del Gip dove si sottolinea tra le altre cose non solo la pratica di sotterrare i rifiuti senza prima effettuare alcun trattamento, ma di scaricare il percolato direttamente in mare. Lo stesso mare che bagna la riserva orientata del Simeto; lo stesso mare dove, a distanza di qualche chilometro, i bagnati si immergono regolarmente.
IL FETORE E L’IMMONDIZIA ‘CUMMIGGIATA’. Per anni i residenti hanno denunciato gli olezzi che, in alcune giornate di particolare umidità, si sentivano forti anche in città. Era il 2015 quando una manifestazione in strada ha scosso nasi e coscienze, denunciando Il fetore proveniente dalla discarica dove, secondo l’ordinanza, i rifiuti venivano conferiti senza alcun previo trattamento. “Tal quali” si legge nell’ordinanza. Una protesta ripetuta, dalla Cgil, l’anno dopo e ancora quelli successivi. “L’attività illecita si sarebbe tradotta nello smaltimento in discarica di ingenti quantitativi di rifiuti solidi urbani, pneumatici fuori uso e altri rifiuti non provenienti da previe operazioni di trattamento e selezione meccanica e di ingenti quantitativi di materiale proveniente da una fase intermedia del processo di compostaggio putrescibile e con alti livelli di IRDP (Indice Respirometrico Dinamico Potenziale) – si legge. Tale smaltimento avveniva mediante l’attribuzione fittizia del codice CER 19.12.12 o mediante il diretto conferimento in discarica senza alcun formulario identificativo dei rifiuti”. E ancora, smaltimento del compost, mancata divisione tra frazione secca e frazione organiza, umido scaricato in discarica senza biostabilizzazione, tutto concorrerebbe ad aggravare il danno ambientale.
L’OASI DEL SIMETO E IL MARE.. “Nell’imputazione si contesta anche l’illecito smaltimento del percolato prodotto in eccesso dalla discarica (proprio in conseguenza del conferimento di rifiuto putrescibile”, si legge ancora. Ill percolato prodotto dai rifiuti veniva infatti scaricato direttamente a mare”, di fronte un tratto di costa protetto, l’Oasi orientata del Simeto che, negli anni, ha visto crescere alle proprie spalle la discarica. “Secondo la tesi dell’accusa, il percolato di fatto non veniva smaltito ma sversato nel suolo e nelle acque”. il problema, ricostruisce l’accusa, sarebbe esploso con un nubifragio che, nel novembre 2018, si abbatte sulla zona. L’acqua si mischia ai rifiuti dalla discarica e diventa percolato, ma vi è un sistema di smaltimento idoneo. Pertanto il liquame viene scaricato in mare. “Il sistema della discarica deve esser progettato e realizzato in modo che tutto il percolato confluisca, attraverso la rete di raccolta realizzata sul fondo del bacino, nei pozzetti posti dentro il bacino e da questi pompati nei silos di stoccaggio” – si legge nell’ordinanza. E ancora: “Leonardi dava indicazioni al dipendente D’Arrigo Fabio affinché il percolato fosse scaricato all’esterno dell’impianto, mediante l’utilizzo di pompe idrovore, che lo immettevano in canaloni per poi sversarlo direttamente a mare”. Di notte, lontano dagli occhi indiscreti, lentamente si inquinava il mare e il sottosuolo.
INTERVIENE LEGAMBIENTE NAZIONALE. Secondo il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani: “Siamo dinnanzi ad un danno ambientale di proporzioni colossali che ci auguriamo venga punito severamente grazie alle norme sugli ecoreati. Legambiente, con le sezioni locali, si costituirà parte civile nel procedimento che ne seguirà, nella speranza che questa sia la volta buona per la Sicilia per spezzare questo scellerato patto tra imprenditori, amministrazioni pubbliche e mafie nella gestione dei rifiuti”.
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06 Giugno 2020, 16:34