Riforma della giustizia, a Palermo nasce il Comitato per il No

Riforma della giustizia, a Palermo nasce il Comitato per il No

Aderiscono 36 associazioni

PALERMO – L’assemblea costituente del Comitato referendario palermitano per il No al referendum sulla riforma della giustizia si svolgerà domani, martedì 16 dicembre, alle ore 17, nell’istituto Pedro Arrupe, in via Franz Lehar 6. Del comitato fanno già parte 36 associazioni e l’invito all’adesione è rivolto a tutti. Il comitato, con la presentazione di domani, scende ufficialmente in campo per spiegare le argomentazioni a sostegno del “no” e per lanciare un appello società civile, alle associazioni e ai singoli cittadini, affinché si crei la più larga partecipazione possibile a sostegno della campagna.

Serve una grande mobilitazione di tutti – è il senso dell’appello – per difendere e attuare la Costituzione nata dalla resistenza antifascista e per fermare questa controriforma della giustizia, votando No al referendum che si terrà tra pochi mesi. L’iniziativa sarà introdotta da Claudio Riolo, del Laboratorio per la difesa e l’attuazione della Costituzione e sono stati invitati a partecipare i magistrati Piergiorgio Morosini e Giuseppe Tango.   

“Il vero obiettivo della riforma costituzionale sulla cosiddetta separazione delle carriere dei magistrati è l’indebolimento dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura – spiega il Comitato palermitano referendario per il No nel suo appello -. Va letta nel quadro di un disegno organico di restaurazione autoritaria sul piano socio-economico, istituzionale e culturale, portato avanti dal governo più di destra della storia dell’Italia repubblicana, per stravolgere la Costituzione nata dalla resistenza antifascista. E’ infatti una riforma complementare alla ‘madre di tutte le riforme’ del governo Meloni: l’elezione diretta del capo del governo, che comporterebbe la subordinazione all’esecutivo del residuo potere del Parlamento e del potere giudiziario”.   

“E’ una falsa riforma della giustizia che non serve ai cittadini: indebolisce l’imparzialità dei pubblici ministeri – prosegue il Comitato – e aumenta il rischio di influenze politiche, non riduce i tempi dei processi, non snellisce la giustizia civile, aumenta inutilmente i costi a risorse materiali invariate, creando nuovi organi e apparati per svolgere le stesse funzioni”.

“Non garantisce una giustizia uguale per tutti, nell’interesse dei più deboli, ma – spiega ancora il Comitato nell’appello – serve ai detentori del potere politico, economico e mediatico, sempre più insofferenti al controllo di legalità della magistratura, così come alla libertà d’informazione e alle legittime proteste di piazza”. 


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