I Santapaola, le "rotte della droga": Acireale come Librino

I Santapaola-Ercolano e le “rotte della droga”: da Librino ad Acireale

I retroscena dell'operazione Cubisia Connection
L'INCHIESTA
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CATANIA – Acireale come San Pietro Clarenza. La Villa Comunale, la “villetta ecologica” di Aci Catena, come le piazze di spaccio di via Capo Passero o del Villaggio Sant’Agata di Catania, o come le vie principali di Randazzo, di Siracusa, Ragusa, Enna o varie piazze del Messinese. Territori diversi ma due comuni denominatori: la droga e il clan dei Santapaola-Ercolano.

L’operazione “Cubisia Connection”, condotta dai carabinieri di Acireale e del comando provinciale di Catania, sotto il coordinamento della Dda, apre nuovi squarci su quello che è ormai un triste quadro a tinte fosche. Un refrain stonatissimo che segna il destino di giovani, adulti e di tante, troppe, famiglie. Cocaina, marijuana e crack, infatti, ormai entrano direttamente nelle case.

Il triumvirato e l’organizzazione

L’organizzazione criminale avrebbe avuto tre persone a coordinare, di fatto, tutto. Emerge dall’inchiesta che acquisto, trasporto, detenzione, secondo gli inquirenti , sarebbero stati a cura di tre arrestati, soprannominati “Melo Box”, “Otto” e “Tigna”, al secolo rispettivamente Carmelo e Ottaviano Grasso e Salvatore Scalia.

Si occupavano anche delle consegne e delle forniture delle piazze di spaccio controllate dall’organizzazione, mantenendo i contatti con i fornitori e impartendo  direttive ai collaboratori che, giornalmente, avrebbero svolto il compito di fare i corrieri, gli spacciatori al dettaglio o le vedette, facendo i turni e usando pure telefonini “aziendali”. Una specie di società mafiosa a responsabilità limitata, una mafia ‘connection’ appunto.

Gli interrogatori e l’inchiesta

Gli interrogatori sono in corso. Gli ultimi a comparire dinanzi al gip saranno i due per cui la misura del gip ha disposto solo il divieto di dimora ad Acireale con obbligo di presentazione alla pg. L’inchiesta, com’è ovvio, è ancora apertissima.

Dopo gli interrogatori, in cui teoricamente gli arrestati hanno anche facoltà di non rispondere, i loro legali devono decidere se chiedere al gip di annullare l’ordinanza; o in alternativa, più verosimilmente, di impugnare l’ordinanza dinanzi al Tribunale della Libertà di Catania.

Il caso di due mesi fa a San Pietro

Sul traffico di droga, lo sanno bene i veri capi della mafia catanese – quelli che rimangono dietro le quinte, nascosti nelle palazzine di nuova costruzione realizzate grazie ai soldi del pizzo – oggi i Santapaola si giocano praticamente la sopravvivenza di Cosa Nostra. E questo perché con la droga riescono a mantenere attive le cosche, aperte le casse comuni, fiorente pure il giro degli ‘stipendi’ agli uomini del clan detenuti e alle loro famiglie.

La cronaca nelle ultime settimane ha raccontato anche casi in cui la droga, piuttosto che un business, è uno strumento. Accade a San Pietro Clarenza, dove il clan – che farebbe riferimento a un presunto boss ultrasettantenne, di professione macellaio – non opera direttamente nel traffico di droga. Qui però secondo gli inquirenti Santonocito avrebbe avuto un fedelissimo che si occupava dei giri. L’obiettivo? Controllare il territorio, non consentire l’ingresso ad altri gruppi.

I mussi ‘i ficurinia sul territorio di Randazzo

È tuttora in corso a Catania il processo al presunto clan dei Sangani di Randazzo, decapitato dai carabinieri nell’inchiesta “Terra bruciata”. Pure lì, la mafia, trattava il traffico di droga con un’organizzazione meticolosa. In quel caso i capi non si chiamavano Santapaola, ma Laudani. E in ogni caso, che la cellula locale rispondesse direttamente ai  Santapaola o indirettamente ad essi, tramite i cosiddetti ‘mussi i ficurinia’ – che in ogni caso dai Santapaola poi dipendono – la droga è un business da non farsi sfuggire a tutti i costi.

Lo stesso, ovviamente, vale per la città metropolitana. Qui addirittura si sono registrati scontri agguerriti, sanguinari, per la conquista o il mantenimento del controllo nelle piazze di spaccio. In via Capo Passero – dove ha sede una delle più importanti – ma anche in altre zone della città, negli ultimi anni non si contano agguati, ferimenti, azioni dimostrative, spari.

Il traffico di droga nelle province limitrofe

Numerose operazioni dei carabinieri e della polizia hanno rivelato come in altre province dell’Isola la sostanza non cambi. La droga arriva da Catania, dai Santapaola o dai loro gemelli diversi, ovvero gli ‘stiddari’ del clan Cappello. La droga arriva da Catania a Enna, dove i pusher di Leonforte, Agira, Regalbuto, Catenanuova, Enna, Piazza Armerina, si riforniscono tutti in via Zia Lisa o a Librino.

Lo stesso vale per le province di Messina, Ragusa e Siracusa. Quasi nulli, da qualche anno a questa parte, sono i viaggi – documentati da arresti delle forze dell’ordine – dei corrieri della droga verso Palermo (in Piazza Guadagna), altra zona d’origine della droga che fino al 2010 veniva ritenuta di riferimento per tanti spacciatori locali. Le ‘rotte della droga’, da quindici anni a questa parte, dicono che in questa fetta della Sicilia, oggi, comanda Catania. Comandano i Santapaola.


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