Scandalo referti istologici a Trapani: 9 pazienti, 3 morti, 19 indagati

Scandalo referti istologici a Trapani: nove pazienti, tre morti, 19 indagati

Medici, infermieri e tecnici: un intero reparto sotto inchiesta

È diventata una maxi inchiesta quella sui ritardi nell’esecuzione degli esami istologici. Da otto gli indagati sono diventati diciannove. Tutti medici, infermieri e tecnici di laboratorio in servizio all’ospedale di Trapani e al presidio di Castelvetrano.

Un intero reparto sotto inchiesta. Dall’Unità operativa complessa anatomia patologica passò anche l’insegnante di Mazara del Vallo, Maria Cristina Gallo. Non ce l’ha fatta a vincere la sua battaglia contro il cancro. Attese otto mesi la consegna del suo esame istologico che svelò la presenza di un tumore maligno. Era solo uno dei tanti, troppi referti bloccati. Si doveva fare in fretta, ne valeva della salute e della vita dei pazienti ed invece i campioni da analizzare finirono in un limbo quantomeno di inefficienza.

Scandalo referti: chi sono gli indagati

La Procura di Trapani aveva iscritto nel registro degli indagati l’ex primario Domenico Messina, oggi in pensione, il dirigente facente funzioni di primario Laura Miceli, e i medici Giancarlo Pompei, Giovanni Spanò, Maria Paola Ternullo, Noemi La Francesca, Luisa Arvigo e Roberto David.

A questi si sono aggiunti i nomi dei tecnici di laboratorio Paolo Di Nino, Ignazio Mauceri, Antonella Mistretta, Catia Di Bernardo, Aurelia Ievolella, Giorgia Alongi, Maria Cristina Schifano, degli infermieri Calogero Bellacomo, Marilena Errante Parrino, Rosaria Maria Pia Incandela, e dell’assistente tecnico Gianpiero Accardo.

I reati contestati a vario titolo sono omissione di atti di ufficio, omicidio colposo e lesioni colpose dovute a “negligenza, imprudenza e nell’omissione del dovere di consentire il rilascio tempestivo del referto”.

Nell’elenco di chi è finito sotto inchiesta nessuno c’è che occupava ruoli dirigenziali all’Azienda sanitaria provinciale, allora guidata dall’ex manager Ferdinando Croce, dimissionario dopo essere stato sospeso dall’incarico dalla Regione.

L’Asp e l’assessorato regionale alla Sanità sono al contrario indicati come parte offesa assieme a nove pazienti e ai loro familiari, perché nel frattempo tre sono deceduti. All’elenco delle vittime si è aggiunto purtroppo il nome della professoressa Gallo.

Un perito per i quesiti chiave

Come si dice in questi casi l’iscrizione nel registro degli indagati è stato un atto dovuto a garanzia degli stessi indagati. Pochi giorni fa il giudice per le indagini preliminari Massimo Giuseppe Corleo nell’ambito di un incidente probatorio ha affidato un incarico peritale. L’esperto dovrà rispondere a due quesiti. Primo: c’è un nesso di causalità fra i ritardi nei referti e l’aggravarsi delle condizioni dei pazienti? Secondo: qual è il numero corretto dei campioni da processare per stabilire se gli indagati abbiano o meno compiuto fino in fondo il loro dovere senza ingolfare la macchina della risposta sanitaria?

Qui si apre un capitolo delicato. Alcuni degli stessi medici sotto inchiesta da anni denunciavano le difficoltà del reparto, ben prima del collasso e dello scandalo. Erano più di tremila gli esami bloccati. C’era una carenza di organico con quattro dei nove medici in servizio assenti per malattia o perché in stato di gravidanza. I pazienti hanno atteso invano la diagnosi. Ciò avrebbe comportato l’avvio in ritardo delle cure contro il cancro e nel peggiore dei casi persino il decesso dei pazienti.

L’allarme inascoltato

Già da ottobre 2023 erano emerse le difficoltà. In mezzo, il 1 febbraio 2024, ci fu il passaggio di consegne fra il commissario straordinario uscente, Vincenzo Spera, e il successore Ferdinando Croce, il quale disse agli ispettori inviati in Sicilia dal ministero della Salute che le problematiche non gli sarebbero state segnalate.

L’ex primario Messina, nei giorni in cui esplose lo scandalo, spiegò che a novembre 2023, quando decise di rimanere in servizio oltre l’età pensionabile, aveva denunciato “che il reparto dove ho lavorato per quasi 40 anni stava vivendo un momento estremamente critico ma c’era la speranza di potere assumere all’inizio del 2024, 3-4 giovani anatomo-patologi e che quindi sentivo l’obbligo morale dopo avere dedicato una vita a questa professione, ai pazienti ed alla mia equipe di non abbandonare la nave in un momento così critico. Purtroppo questo non è avvenuto, ma anzi la situazione del personale medico si è ulteriormente aggravata nei mesi successivi del 2024″.

L’inchiesta serve a capire cosa sia davvero accaduto e perché non stati refertati con la necessaria velocità esami così delicati. L’incidente probatorio si è reso necessario perché alcune prove andavano acquisite in fretta. Non erano “rinviabili all’eventuale fase dibattimentale, in ragione del grave stato di infermità diagnosticato”. Era il caso della professoressa Gallo, che non ce l’ha fatta.

La sanità è stata troppo lenta. Il 14 dicembre la donna fu sottoposta ad un intervento chirurgico per un fibroma all’utero all’ospedale di Mazara del Vallo. All’indomani un campione fu inviato a Castelvetrano per l’esame istologico. Il referto fu stilato otto mesi dopo, il 9 agosto, e rilasciato tre giorni dopo.


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