CATANIA. Nove anni e quattro mesi di reclusione. E’ questa la pena a cui è stato condannato in primo grado il 40enne Dario Meffi, imputato per sequestro di persona, violenza sessuale e privata, rapina, lesioni ed atti persecutori. Così hanno deciso i giudici della seconda sezione del tribunale di Catania, presieduta da Carmen La Rosa, dopo una lunga camera di consiglio. Disposto anche il ricovero in una casa di cura per la durata di sei mesi. All’imputato è stato infatti riconosciuto un vizio parziale di mente. Il pubblico ministero Anna Trinchillo aveva chiesto, al termine della propria requisitoria, una condanna più dura, a 12 anni e sei mesi. Per l’accusa, infatti, che aveva ricostruito in breve quanto avvenuto il 15 maggio del 2016 nell’abitazione dell’imputato a Mascali, il 40enne avrebbe mostrato un’indole aggressiva anche durante tutte le fasi del rapporto con la vittima. Quando la 25enne aveva deciso di troncare la relazione, la condotta di Meffi sarebbe sensibilmente peggiorata. La giovane, ha evidenziato la pm, sarebbe stata perseguitata dall’uomo e avrebbe temuto persino per la propria incolumità. Una dura richiesta di condanna a cui si era associato anche Michele Pansera, il legale della vittima, costituitasi parte civile.
LA DIFESA. “Attendiamo le motivazioni di una sentenza così pesante – dichiara Ernesto Pino, legale della difesa – e ci riserviamo di presentare appello”. Nessun commento, invece, prima del deposito delle motivazioni per l’avvocato Giuseppe Musumeci, codifensore di Dario Meffi. I due legali avevano fornito al tribunale una lettura diversa dei fatti contestati. Nel corso della sua arringa l’avvocato Pino aveva evidenziato come il processo fosse basato quasi esclusivamente sulle dichiarazioni della parte offesa. Ma dalla lettura delle carte del fascicolo, ha evidenziato il legale, emergerebbero contraddizioni e bugie nel racconto fornito dalla vittima al tribunale. Quest’ultima aveva raccontato di aver interrotto ogni rapporto con l’uomo tra il gennaio e l’aprile del 2016 e di aver subito per questo un’azione persecutoria da parte dell’ex. Il difensore dell’imputato ha letto in aula una serie di messaggi su facebook e sul cellulare, scambiati tra il proprio assistito e la presunta vittima, che proverebbero invece una continuità della relazione. Non solo. La donna avrebbe letteralmente tempestato di telefonate il 40enne, ricevendone pochissime dall’uomo. Tutto ciò, secondo il legale, proverebbe la scarsa attendibilità della parte offesa. Esaminati, invece, uno per uno dal legale Giuseppe Musumeci i sette capi di imputazione contestati dalla Procura di Catania al proprio assistito.
LA RICOSTRUZIONE. È il 15 maggio dello scorso anno quando, poco dopo le 23, Dario Meffi, nonostante si trovi relegato agli arresti domiciliari, lascia senza autorizzazione la propria abitazione di Mascali. L’uomo ha in mano una sega lunga e appuntita. Con quell’arma avrebbe costretto la propria ex, una 24enne, a seguirlo fino in casa. Lì avrebbe colpito la donna con schiaffi e calci, costringendola subito dopo a spogliarsi e ad avere rapporti sessuali. L’uomo le avrebbe anche sottratto 60 euro in contanti ed una collanina d’oro. La vittima, raggiunta da una telefonata del padre, preoccupato per il mancato rientro a casa della figlia, avrebbe convinto il suo carnefice a permetterle di rispondere per tranquillizzare il genitore. In bulgaro, la propria lingua originaria, avrebbe chiesto aiuto al padre. Poco dopo l’irruzione dei carabinieri di Mascali pone fine all’incubo della giovane donna.