15 Marzo 2022, 06:08
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PALERMO – “Io le raccomandazioni le avevo da Dalì in particolare”, mette a verbale l’ex direttore generale dell’Ast Andrea Ugo Fiduccia. “Ma Dalì quali raccomandazioni le ha fatto?”, chiede il pubblico ministero. “Dalì… politica.. le sappiamo”, risponde Fiduccia. Salta qualche parola, appena pronunciata dall’indagato, che il registratore non riesce a cogliere.
“E lo dica, di chi?”, insiste il pm. “Miccichè. È con Miccichè Dalì quindi…“, aggiunge Fiduccia che fa una associazione fra il vice presidente dell’Ast e il presidente dell’Assemblea regionale siciliana.
È uno dei passaggi della trascrizione integrale del verbale reso il 3 marzo scorso da Fiduccia, finito agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Andrea Fusco che ha travolto l’Azienda siciliana dei trasporti.
Nell’atto di accusa i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno chiesto alla Procura della Repubblica di Palermo di valutare la sussistenza dell’ipotesi di reato di “induzione indebita a dare o promettere utilità” nel comportamento di Dalì e Miccichè.
Miccichè non è indagato. Non ci sono sue intercettazioni agli atti dell’inchiesta, ma ci sono le conversazioni di Dalì, che ha nel presidente del parlamento siciliano il suo referente politico. Dalì, parlando con Fiduccia, si spingeva a dire di avere risposto a Micciché che “qui sta diventando l’ufficio di collocamento di Forza Italia… nella loro testa diciamo”.
Le reazione di Miccichè nei giorni scorsi è stata durissima: “Chiedo al signor Fiduccia di indicare alla Procura i nominativi delle persone assunte su mia pressione, altrimenti lo denuncio per diffamazione. Non credo di avere il suo numero di telefono, né mi ricordo come sia fatto fisicamente. Quello di tirare fuori il mio nome sta diventando uno sport insopportabile”.
I nomi dei presunti raccomandati, però, Fiduccia non ha alcuna intenzione di farli. Emerge con chiarezza nel corso dell’interrogatorio davanti al giudice Marco Gaeta: “…. io di questa cosa vorrei evitare di dare nomi, chiedeteli a loro stessi non mi mettete in difficoltà, già a me mi minacciano con le querele, ci vuole pure questo altro… ve lo fate dire dagli stessi interessati queste… preferisco non rispondere a questa cosa”.
“E quindi anche se non fa i nomi se ho capito bene era Miccichè che faceva questi nomi a Dalì e Dalì glieli veniva a fare”, chiede il pm Fusco.
E Fiduccia risponde: “… io a Dalì conoscevo. Certo, Dalì mi portava… no, può essere pure che se la faceva pure la campagna sua, ci mancherebbe altro… io conoscevo Dalì, non lo so se glieli dava tutti Miccichè, ogni tanto me lo ha detto che c’era qualcuno di Miccichè ma poi non lo so se sono tutti… o altri li metteva lui o aveva altri nell’entourage, non lo so. Il mio referente era lui, non conoscevo altri e quindi non posso fare nomi”.
Nessuna certezza, dunque, sul fatto che fosse il presidente dell’Ars a segnalare persone da assumere. Dalì spendeva il nome di Miccichè, ma potrebbe avere millantato. Oppure era un modo per dare forza alla sua richiesta.
C’è però un punto fermo: all’Ast, tramite una società interinale, si lavorava per raccomandazione.
Una cosa però Fiduccia tiene a precisare: “Noi assumevamo solo se… il presidente (Gaetano Tafuri, ex presidente dell’Ast) è stato categorico, solo se servono. E dicevamo no”. Frase che non convince il giudice visto che l’ex direttore generale senza sapere di essere intercettato ammetteva che c’era personale in esubero: “…. non erano in sovrannumero, gliel’ho detto a lui (a Dalì) – spiega nel verbale – che eravamo in soprannumero, per bloccarlo perché altrimenti non la finivano. Tanto per prenderlo in giro”.
Insomma, raccomandati sì, ma necessari a fare funzionare l’azienda pubblica perché interamente partecipata dalla Regione.
Nel corso dello stesso interrogatorio Fiduccia racconta che “Li Volti in verità un paio di segnalazioni me le ha fatte per conto dell’onorevole Grasso all’epoca che era assessore per esigenze di Messina ma era gente locale di Messina e quindi ci poteva pure stare perché… c’erano le carenze e si poteva accontentare”.
Giuseppe Li Volti (il coordinatore della segreteria particolare dell’assessore alle Infrastrutture Marco Falcone) è stato intercettato mentre diceva a Fiduccia che l’allora assessore alle Autonomie locali Bernardette Grasso gli aveva chiesto alcuni spostamenti.
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15 Marzo 2022, 06:08