Palermo, inchiesta sull'Ast: le frasi e gli Sms intercettati - Live Sicilia

Inchiesta Ast, le assunzioni e i sospetti della finanza su Miccichè

Il presidente dell'Ars: "Fare il mio nome sport insopportabile"

PALERMO – “Quindi è a posto quell’appunto?”, chiedeva Eusebio Dalì, vicepresidente dell’Ast, ad Andrea Ugo Fiduccia che dell’Azienda siciliana dei trasporti è stato direttore generale e che da alcuni giorni si trova agli arresti domiciliari.

“Tutti i cinqu, puru u palermitano pigliarumo”, rispondeva Fiduccia. I finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo non hanno dubbi: si trattava dell’assunzione di persone segnalate. In questo caso cinque, ma i raccomandati sarebbero molti di più.

Bisognava fare attenzione, però. “N’amo a quartiari”, diceva Dalì aggiungendo che “secondo tutta la Sicilia io e tu diamo posti di lavoro a tutti”. Fiduccia non sembrava troppo preoccupato. Ad una condizione: “L’importante è che non prendiamo soldi… cosa che invece facevano in passato”.

Ok alle raccomandazioni, ma senza un ritorno economico. Fiduccia, dunque, gettava pesantissime ombre sul passato dell’Ast. Al contempo sapeva che senza ricevere denaro o altre utilità in cambio avrebbe evitato i guai giudiziari.

Nell’atto di accusa i finanzieri hanno chiesto alla Procura della Repubblica di Palermo di valutare la sussistenza dell’ipotesi di reato di “induzione indebita a dare o promettere utilità” nel comportamento di Dalì e del presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè. Dalì lo scorso novembre, come ricostruì Livesicilia, subì una perquisizione.

Miccichè non è indagato. Agli atti dell’inchiesta ci sono le parole intercettate di Dalì, che ha nel presidente del parlamento siciliano il suo referente politico. Lo stesso Dalì, parlando con Fiduccia, si spingeva a dire di avere risposto a Micciché che “qui sta diventando l’ufficio di collocamento di Forza Italia… nella loro testa diciamo”. Fiduccia avrebbe assecondato, secondo i finanzieri, anche le richieste di raccomandazioni da padre di Miccichè attraverso Dalì.

Micciché: “Lo denuncio per diffamazione”

Miccichè nei giorni scorsi ha tuonato: “Chiedo al signor Fiduccia di indicare alla Procura i nominativi delle persone assunte su mia pressione, altrimenti lo denuncio per diffamazione. Non credo di avere il suo numero di telefono, né mi ricordo come sia fatto fisicamente. Quello di tirare fuori il mio nome sta diventando uno sport insopportabile”.

L’ex direttore dell’Ast nel corso dell’interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari Marco Gaeta ha ammesso di avere ricevuto pressioni dai politici per assumere personale. Non ha fatto i nomi “per evitare diverse querele”, spiegando però che una grossa fetta delle raccomandazioni arrivava da Forza Italia. Parole che confermerebbero le frasi intercettate di Dalì.

Attraverso una società interinale, la In.Rh di Potenza, sarebbe stato aggirato il blocco delle assunzioni nelle società partecipate regionali. Ad un certo punto, però, la situazione era sfuggita di mano agli indagati. “Siamo arrivati a 220, non si può continuare accussì”, diceva Fiduccia. E cioè a spendere 600.000 euro al mese per 220 lavoratori interinali. Una macchina sovradimensionata con personale che spesso non rispondeva agli standard qualitativi necessari.

Nell’inchiesta ci sono frasi intercettate, ma anche messaggi recuperati dai telefonini degli indagati. Dalì ha usato gli Sms per perorare la causa di alcuni lavoratori e fissare incontri. Ad esempio quello organizzato con Fiduccia a maggio 2019 nella sede regionale di Forza Italia in piazza Croci. O quello del febbraio 2020 per discutere di “una cosa di poco conto”, ma “che dobbiamo assolutamente fare”, “non è niente di particolarmente rilevante, ma è importantissimo per me… ho appena ricevuto una chiamata da Gianfranco Micciché in persona e mi chiama di domenica mattina quindi è una cosa che dobbiamo risolvere”.


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