PALERMO – Si parte dalla “legge Savona”. Poi, si vedrà. Saranno ore di passione quelle che accompagneranno la discussione del disegno di legge sull’applicazione del decreto Monti in Sicilia. Una storia che ha già i contorni del paradosso. Il parlamento siciliano, infatti, si sarebbe dovuto limitare a recepire le norme fissate dal decreto nazionale sulla spending review. E invece, si è imbarcato in una storia complicata, ricca di colpi di scena. Ha creato una commissione, addirittura, per discutere in che modo “ricalcare” il testo. Ma non è bastato. Il primo presidente, Antonello Cracolici, fu costretto a dimettersi a causa delle resistenze degli altri deputati. Al suo posto, è arrivato Riccardo Savona, attirandosi le ironie di qualche rappresentante politico (“è come mettere una volpe a guardia del pollaio” disse il parlamentare nazionale Davide Faraone). Ma il nuovo presidente portò a casa velocemente il risultato. Si partirà, anche se a tanti, almeno a parole, quella legge non piace, dal testo esitato dalla sua commissione.
La norma che avrebbe dovuto recepire il Decreto Monti non fa alcun cenno al… decreto Monti. E, semmai, mantiene in piedi l’automatismo con le indennità del Senato (l’Ars si conforma a quelle) e limita i danni sulle indennità. Taglio sì, ma solo del 20%, quindi assai più modesto di quanto previsto dalla norma nazionale. Norma già recepita nelle altre Regioni d’Italia.
Ma almeno sulle indennità la maggioranza dell’Ars sembra d’accordo sulla possibile riscrittura. Gli stipendi saranno quelli previsti dal Monti: 11.100 lordi per i parlamentari ai quali si aggiunge, per i presidenti di Regione e Ars una indennità di funzione di 2.700 euro. Più basse le indennità aggiuntive per le altre cariche. Agli assessori “tecnici”, invece, andrebbe solo un’indennità pari a quella del deputato “semplice”, ridotta anche in questo caso del 20%.
“La indennità dei parlamentari dell’Ars – ha puntualizzato il capogruppo Baldo Gucciardi, che abbandonò polemicamente i lavori della commissione guidata da Savona – siano uguali a quelle dei consiglieri regionali di tutte le altre Regioni italiane: questa è la posizione sempre portata avanti dal gruppo del Partito Democratico, che confermiamo in vista della discussione in aula del ddl sulla ‘spending review’, prevista per la prossima settimana. Attraversiamo una fase complicata e delicata – aggiunge Gucciardi – la lotta agli sprechi, alla corruzione e agli alti costi della politica è un tema complesso e troppo spesso affrontato con demagogia e approssimazione. Quello delle indennità dei parlamentari è un argomento importante sul quale c’è, giustamente, grande attenzione da parte dell’opinione pubblica e in questo momento non possiamo permetterci messaggi equivoci: il Pd all’Ars vuole ridurre le indennità ‘senza se e senza ma’, equiparando la Sicilia al resto d’Italia”.
“Con i Colleghi Pogliese, Assenza e Vinciullo, – ha dichiarato il deputato Pdl Marco Falcone – abbiamo predisposto una serie di emendamenti al ddl coniugando autorevolezza e prestigio all’esigenza generale di austerità”. Una delle modifiche riguarderà l’indennità degli assessori tecnici: “Noi proponiamo che questa – spiega Falcone – sia pari alla metà dell’indennità di deputato più un’indennità di funzione pari a quella dei presidenti di commissione”. In “soldoni” l’indennità dovrebbe essere più che dimezzata, scendendo a circa 8 mila euro lordi. “Ma ci sembra giusto – ha detto Falcone – visto che gli assessori godono già di auto blu, autista, carta di credito e numerosi benefit”. C’è accordo, invece, sulla indennità dell’assessore-deputato: nessuna indennità aggiuntiva oltre a quella di parlamentare.
Il Movimento cinque stelle, dal canto suo, ha presentato un gruppo di emendamenti che provocheranno qualche “scintilla” in aula. “Intanto – spiega il capogruppo Giancarlo Cancelleri – chiediamo che venga inserito il riferimento al ‘decreto Monti’. Inoltre, oltre alla riduzione della indennità complessiva vogliamo sapere quali voci dello stipendio in particolare saranno ridotte. Chiederemo inoltre – aggiunge – l’abolizione delle indennità di funzione aggiuntive”.
Il termine per la presentazione degli emendamenti è scaduto ieri. E nei prossimi giorni si proverà a “trovare la quadra”. È prevista una riunione già lunedì. “Ma si partirà dal testo – precisa Riccardo Savona – esitato dalla commissione. E anche le proposte di riscrittura non intaccheranno l’impianto complessivo della legge”.
Non è ancora del tutto chiara, invece, la questione che riguarda i cosiddetti stabilizzati: 85 persone che lavorano nei gruppi parlamentari e che, a fronte del ridimensionamento delle somme destinate proprio ai gruppi e di quelle per i collaboratori personali dei deputati, rischiano – in alcuni casi – anche il licenziamento. Ma un appiglio lo si è trovato proprio all’interno del finora disapplicato decreto Monti, che avrebbe dovuto essere recepito nella legge partorita dalla commissione speciale di Riccardo Savona, che fa salvi “i contratti in essere del personale”.
“Cosiddetti stabilizzati”, personale esterno e collaboratori o “portaborse”. Sono queste le tre ‘categorie’ in questione, fatte da dipendenti che lavorano nell’ambito del parlamento regionale. Per gli 83 ‘stabilizzati’, però, la situazione è diversa: si tratta di personale inquadrato all’interno di un bacino riconosciuto dall’Ars e per il quale la stessa Assemblea eroga ai gruppi parlamentari le somme da destinare agli stipendi. Personale che finora ha goduto della garanzia che proprio l’amministrazione di Palazzo dei Normanni, a prescindere da quale fosse il gruppo, avrebbe fornito i soldi per le retribuzioni di questi dipendenti. E proprio loro, con l’applicazione del decreto Monti, almeno fino al 2017 (data di scadenza naturale della legislatura), saranno ‘salvi’.
Ma dal 2017 i nodi verranno al pettine: dalla prossima legislatura, infatti, “gli stabilizzati potrebbero non esserci più”, spiega Giorgio Ciaccio del Movimento 5 Stelle, che oggi ha preso parte alla riunione dei capigruppo. O meglio: “C’è una proposta di eliminare la distinzione tra stabilizzati e altro personale”. Un’ipotesi sul tavolo è, quindi, che ad ogni deputato – settanta, dall’inizio del prossimo mandato istituzionale – venga corrisposta dall’Assemblea una cifra di 3.180 euro che servirà a coprire le spese dell’assunzione di un singolo lavoratore inquadrato in categoria D6. Secondo questa proposta, però, continuerebbero a lavorare soltanto 70 persone, una per ogni deputato. Che, però, potenzialmente potrebbe decidere di assumere chi crede. E, sempre per ipotesi, potrebbero persino verificarsi situazioni in cui all’interno di un gruppo verrebbe a mancare chi prepara i disegni di legge, i consulenti legali o chi si occupa di comunicazione.
E così si sta cercando di trovare la quadra. Un’idea sul tavolo è quella di fare un ordine del giorno con cui si dia priorità di assunzione proprio all’elenco degli stabilizzati, ma alcuni deputati, ad esempio i Cinquestelle, hanno sollevato molti dubbi, mentre c’è chi invece difende la categoria. Il capogruppo del Pd Baldo Gucciardi, ad esempio taglia corto: “La divisione tra personale stabilizzato e personale per lo svolgimento del mandato parlamentare resta, ed è netta”. Un’altra soluzione per i dipendenti potrebbe essere, invece, la creazione di un bacino ad esaurimento che consisterebbe di circa 70 dipendenti, visto che 15 si pensa che possano già andare in pensione nel 2017. Ma ancora è tutto da vedere. Intanto la proposta di scrittura della legge Savona è stata presentata in conferenza dei capigruppo, e proprio Savona dovrebbe farla propria in aula. Si ripartirà da lì.