PALERMO – Il tiro a bersaglio effettuato da alcuni ultras durante la partita persa con la Lazio, è senz’altro un episodio isolato da parte del tifo organizzato del Palermo, nella storia del club sotto la gestione Zamparini, che dura ormai da quattordici stagioni. Un rapporto, quello tra i tifosi rosanero e il loro tempio, che nelle ultime annate è sempre stato di puro amore e di protezione, nonostante l’affluenza del pubblico sugli spalti sia in costante decrescita. Ma c’è stato un tempo, e ci sono stati degli episodi, che hanno fatto del “Renzo Barbera” – anche quando era semplicemente lo stadio “La Favorita” – un luogo in cui la violenza ha purtroppo fatto la propria comparsa. Che si sia trattato di un modo per rispondere alle provocazioni di un avversario, per esprimere il proprio malcontento dopo un’inattesa al culmine di una stagione straordinaria, oppure per mostrare la propria frustrazione per una stagione terminata con l’onta della retrocessione in serie C2.
Ma partiamo dal primo caso, datato 16 marzo 1969. L’impianto di viale del Fante ospitava la partita tra Palermo e Napoli. I rosa riuscirono a reagire alla rete iniziale di Barison, e prima dell’intervallo ci pensò Troja, con una doppietta, a ribaltare il punteggio. Dopo un feroce attacco del patron azzurro Ferlaino all’arbitro Sbardella negli spogliatoi, nella ripresa si assistette alla rimonta partenopea, iniziata con un rigore negato ai padroni di casa e proseguita con un penalty a sua volta assegnato agli ospiti: sul dischetto si presenta Altafini, che non perdona. Poi, il casus belli. Il bomber italo-brasiliano si rivolge al pubblico de “La Favorita” facendo il gesto dell’ombrello. Poi il 2-3 firmato da Micelli, il triplice fischio di Sbardella, e l’esplosione della rabbia dei palermitani: tra bottiglie lanciate in campo, tentativi vani di invadere il campo e i giocatori del Napoli portati via dalle camionette della Celere, spuntò un provvidenziale elicottero che portò via dallo stadio l’arbitro e i suoi assistenti. E il Giudice Sportivo non esitò a cambiare l’esito finale della gara, ovviamente sempre favorevole al Napoli, ma con il punteggio di 0-2 a tavolino.
Gli Anni 90 sono stati ricchi di episodi di malcostume all’interno dello stadio palermitano. Si comincia il 16 ottobre 1994, quando alla settima giornata giunse l’Udinese di mister Fedele. Una squadra che avrebbe, a fine stagione, ottenuto la promozione in serie A grazie a una squadra molto ben allestita. Tra le fila del Palermo c’erano diversi giocatori che facevano ben sperare, ma l’inizio altalenante (una vittoria in sei giornate) faceva pensare già al peggio. E lo 0-0 nei 90 minuti de “La Favorita” indussero il pubblico a mettere in mostra il peggio di sè: iniziò un fitto lancio di oggetti in campo, in seguito all’espulsione rimediata dal terzino destro Brambati a cinque minuti dalla fine. Il Giudice Sportivo fu inflessibile, e dopo il debordante 1-7 rifilato al Lecce al “Via del Mare (con cinque reti di Campilongo), la formazione guidat da Gaetano Salvemini fu costretta ad emigrare al “Pian del Lago” di Caltanissetta per la sfida contro il Cesena, finita anch’essa a reti bianche.
Ci spostiamo di quattro anni, il 7 giugno del 1998. Gli spalti accolgono oltre 15mila spettatori per la gara di ritorno dei playout per evitare la retrocessione in serie C2. Il Palermo deve rimontare lo svantaggio maturato all’andata contro la Battipagliese, firmato dal difensore Loria, e i primi sessanta minuti parlano di una partita tambureggiante, ma senza gol. E così, con il tempo che passa e con le forze che iniziano a scarseggiare, il pubblico accorso in viale del Fante nonostante la bella giornata di inizio estate inizia prima a scoraggiarsi, e poi a perdere le staffe. Gli agenti di polizia presenti nei pressi dell’impianto di viale del Fante si schierarono in assetto antisommossa dentro e fuori dallo stadio, divenendo costretti a lanciare lacrimogeni per prevenire ogni forma di scontro, ma la rabbia del pubblico palermitano fu comunque evidente, a causa di una ulteriore caduta negli inferni del calcio.
La storia si ripete, purtroppo, a distanza di un anno quasi esatto. Il 6 giugno del 1999, però, non si gioca per evitare la retrocessione in serie C2, bensì per avviarsi verso la promozione in B. Alla Favorita arriva il Savoia, e anche questa volta il Palermo deve rimontare un gol di svantaggio, subìto nella gara di andata giocata in trasferta (per l’occasione i campani usufruirono del “San Paolo” di Napoli). Ma a differenza di quanto accaduto un anno prima, i rosa non riuscirono a giocarsela al meglio, anche per via dell’espulsione rimediata da Peppe Compagno nel primo tempo. In avvio di ripresa arrivò il gol di Masitto a chiudere i conti, e a far saltare definitivamente i nervi al Palermo e ai suoi tifosi. Sul campo arrivarono altre due espulsioni, per Biffi e Antonaccio, mentre sugli spalti avvenne quasi una guerriglia: lancio di oggetti e fumogeni dalle curve, partita sospesa per una manciata di minuti fino al triplice fischio, con i giocatori costretti ad infilare in fretta e furia il tunnel degli spogliatoi.
Dulcis (ma neanche tanto) in fundo, giungiamo al 17 aprile 2004, in cui ebbe luogo l’unica scena di violenza sugli spalti dello stadio, nel frattempo denominato in onore di Renzo Barbera. E il presidentissimo degli Anni 60 e 70 avrebbe certamente disapprovato quanto si vide sugli spalti e in campo nei minuti finali della sfida contro il Treviso. I rosa di Guidolin sembravano ormai lanciati verso la promozione diretta, e l’andamento della gara sorrideva fino a mezz’ora dalla fine, quando le reti di Corini e Jeda garantivano il 2-1 alla capolista. Ma prima Bianco, e poi Ganci ribaltarono il punteggio in favore dei biancazzurri, con il pubblico che manifestò il proprio dissenso nel modo peggiore possibile. Partì un lancio di oggetti, uno dei quali partì dalla Tribuna Coperta e colpì in pieno Ganci dopo il triplice fischio emesso dal signor De Santis. Per fortuna del Palermo, la vicenda non ebbe strascichi in termini disciplinari, la squadra potè disputare le ultime gare davanti ai propri tifosi, compresa quella del 29 maggio contro la Triestina, in cui si celebrò il ritorno in serie A.
Tutti episodi di violenza ormai lontani nel tempo, ma ai quali si è aggiunto lo spettacolo agghiacciante di domenica scorsa. Lancio di mortaretti, petardi e fumogeni a tutto spiano dalle due curve, con tanto di cassette da water che raggiungevano il prato verde del “Barbera” durante la sospensione decisa da Gervasoni nel secondo tempo.