Testa, il pusher-mediatore| I clienti chiedevano “belle camicie”

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15 Gennaio 2013, 19:55

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PALERMO – Grossisti, pusher e clienti. Una concatenazione di rapporti che aveva dato vita ad un business che si muoveva su due fronti, quello delle grosse quantità e quello affidato a soggetti deboli, prevalentemente tossicodipendenti, che si accontentavano di spacciare anche per cento o trecento euro, assumendosi ogni responsabilità. Tra coloro in grado di mettere in contatto Andrea Di Maggio, al centro dell’indagine, con i grossisti, c’era Matteo Testa, 29 anni.

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Come gli inquirenti hanno accertato, il giovane assolveva non soltanto la funzione di fornitore, ma anche quella di “anello” di congiunzione tra Di Maggio e chi disponeva di rilevanti quantitativi di stupefacente. Un’attività di pusher di alto livello insomma, quella di Testa, raggiunto dal provvedimento in carcere. Il 29enne si trova infatti, attualmente detenuto. Lo scorso giugno la  terza sezione del Tribunale di Palermo lo ha condannato a dieci anni, per traffico di droga. Testa fu arrestato, assieme ad altre sei persone, un anno prima: la polizia in quell’occasione sequestrò due chili di cocaina, per un valore di 200 mila euro. Gli altri sei arrestati erano tre calabresi, che sarebbero i fornitori della droga, e tre palermitani.

La polizia intervenne dopo una telefonata anonima giunta alla questura, nella quale si segnalava che una Volkswagen Golf era arrivata a Palermo con il carico di cocaina. I poliziotti individuarono la macchina allo svincolo di Bagheria. Criptato, il linguaggio che Testa utilizzava al telefono con i suoi acquirenti. La maggior parte delle volte fingeva di parlare di capi di abbigliamento per indicare i tempi della consegna o il tipo di sostanza stupefacente, che assicura di portare in grandi quantità ad un acquirente che gli chiede “una bella camicia dalla Calabria”.
Testa: “Si, si, si, a posto!”.
Acquirente: “Domani posso scendere a colpo sicuro? Allora domani vengo a colpo sicuro. Ci vediamo domani”.

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15 Gennaio 2013, 19:55

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