Trapani

Trapani: rifiuti nella riserva delle saline, domiciliari e divieto dimora NOMI FOTO

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07 Aprile 2023, 12:33

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“E’ stato compiuto un vero e proprio omicidio del nostro territorio, di una parte che è rilevante sotto i profili naturalistici, della coltivazione del sale, e per questa sua destinazione è meta di numerosi turisti e amanti della natura”. A parlare è uno degli investigatori della Capitaneria del porto di Trapani che si è occupato sull’indagine che ha riguardato un ingente smaltimento di rifiuti di ogni genere dell’area della riserva delle saline.

“Qui – prosegue l’investigatore – non bisogna dimenticare che insistono agglomerati urbani e ampie zone coltivate, ci sono poi percorsi fluviali, tutto è stato inquinato, anche le zone delle foci e quindi pensiamo che il rischio riguardi i litorali limitrofi. Una zona che è stata  ed oggi è sottoposta a un forte inquinamento”.

Intanto si sono svolti questa mattina gli interrogatori di garanzia delle sette persone sottoposte agli arresti domiciliari e al divieto di dimora nei Comuni di Trapani e Paceco, e questo dopo l’ordinanza firmata dal gip Samuele Corso. Ai domiciliari è finito un intero nucleo familiare, Antonino , Giuseppe, Antonio e Ivan Salafia, rispettivamente di 52, 33, 27 e 24 anni. Divieto di dimora per Giuseppe Messina, 52 anni, Daniela Caradonna 48 anni e Baldassare Montalbano di 60 anni.

In generale le accuse vanno dall’inquinamento ambientale alla gestione di discarica non autorizzata, dall’invasione terreni alla truffa. A difendere gli indagati sono gli avvocati Giuseppe De Luca, Annamaria Cavasino , Giacomo Ravazza, Felicita Tranchida, Agatino Scaringi e Stefania Alcamo. Il gip ha anche disposto la sottoposizione alle indagini delle società coinvolte, riconducibili ai Salafia, la cui difesa è seguita dagli avvocati Serena Savona, Gaetano Marra e Giovanni Candore. Tutti gli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

L’indagine è stata condotta dal comando della Capitaneria di porto di Trapani e riguarda un arco temporale compreso tra il 2020 e il 2022, ma gli illeciti praticamente hanno mantenuto l’attualità sino alla esecuzione delle misure cautelari avvenute nella giornata di ieri.

Il blitz ha visto anche l’intervento degli agenti della Squadra mobile di Trapani.

Sottoposte a sequestro le aree interessate ma anche mezzi pesanti e meccanici nonché le ditte interessate.

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A coordinate l’inchiesta, scattata anche dopo un esposto del Wwf, è il sostituto procuratore Francesca Urbani. L’intervento del Wwf è legato al fatto che l’azione criminosa condotta e oggetto di numerose ritrazioni fotografiche e riprese video, ha riguardato un’area parecchio vasta ricadente all’interno di una delle più importanti riserva naturali siciliane, quella delle saline di Trapani e Paceco. Alla denuncia del Wwf si sono aggiunte anche quelle di alcuni imprenditori agricoli della zona, le cui coltivazioni sono state soggette a gravi rischi di contaminazione per i quotidiani roghi di rifiuti anche di natura speciale e pericolosa, e quindi per i depositi sulle coltivazioni di fuliggine e altro genere di residui.

Numeri impressionanti quelli che si possono cogliere nelle 340 pagine dell’ordinanza di applicazione delle misure cautelari. Numeri che immagini e ripreso video a parte, fanno toccare con mano il gravissimo inquinamento ambientale che è stato perpetrato: ai danni del patrimonio naturalistico e ambientale ma anche della salute delle persone. Il giudice Corso è severo nella ricostruzione dei fatti, affermando che ci si trova dinanzi ad episodi che hanno “compromesso e deteriorato” il territorio. Non solo vandali ma assassini della terra: “la vasta area – scrive il gip – degli argini fluviali del Lenzi e del Baiata estesa 600 mila metri quadrati per un perimetro di tre chilometri, è stata trasformata in una enorme discarica abusiva”.

Nel periodo di indagine, durante il quale sono stati censiti 120 episodi di smaltimenti illeciti, i rifiuti smaltiti illegalmente all’interno dell’area protetta sono risultati pari a circa 22 mila tonnellate, e questa quantità nella sola parte ricadente all’interno della riserva delle saline in aree, estese circa  prossime ai torrenti Xitta/Lenzi e Baiata. Ma altri rifiuti risultano essere stati smaltiti all’interno di un ex impianto industriale, sempre prossimo alla zona delle saline, si tratta in questo caso di una ex fonderia.

Dentro questo enorme contenitore, in aree di proprietà degli indagati, circa 20 mila metri quadrati, e non solo lì, gli indagati hanno smaltito di tutto: sfabbricidi provenienti da lavorazioni edilizie, residui di materiale ferrosi, mobili ed elettrodomestici, pneumatici, ma anche 59 chilogrammi di bitume. Addirittura con l’uso di materiali provenienti da lavorazioni edilizie e del marmo, è stata realizzata una strada che risulta assente dalle mappe, un percorso per rendere agevole ai mezzi pesanti di raggiungere le zone di smaltimento.

Puntualmente poi, dopo ogni scarico di merce, veniva appiccato l’incendio e successivamente con un mezzo meccanico si spianava ogni cosa e i residui da incenerimento finivano così sotto terra. In diverse occasioni però, grazie alle attività di video intercettazione, dopo che veniva appiccato il rogo, una volta che i soggetti autori si allontanavano, sul posto venivano fatti arrivare i Vigili del Fuoco per spegnere le fiamme. Le immagini hanno permesso di accertare come dopo che i Vigili del Fuoco andavano via, i soliti personaggi tornavano sui luoghi per ridare fuoco a quello che non era stato distrutto. Una perseveranza criminosa.

Durante le indagini la Procura ha nominato un consulente. Le relazioni presentate hanno fatto emergere un gravissimo inquinamento ambientale che è stato causato. Nei terreni interessati sono stati trovati metalli pesanti, diossina, amianto, idrocarburi, anche con valori superiori di 300 volte a quelli consentiti.

Le indagini infine hanno accertato che nel solo periodo di indagini i guadagni illeciti, rispetto quindi ai 120 casi di smaltimento abusivi, ammontano a 60 mila euro.

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07 Aprile 2023, 12:33

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