Un tesoro sommerso| nascosto da relitti e rifiuti

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06 Aprile 2015, 16:27

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CATANIA – Le acque trasparenti del Porto Ulisse di Ognina non possono nascondere la quantità di rifiuti che, negli anni, vi sono stati scaricati. Affacciandosi dalle banchine, chiunque può notare il fondale ricoperto da copertoni e rottami metallici. Ma, durante la “San Silvestro a mare”, ben altro è saltato all’occhio della telecamera: i relitti di alcune imbarcazioni, sparsi entro i 5 metri di profondità. Barche in legno o vetroresina mescolate a reti e altri rottami.

Copertoni e altri rifiuti in fondo al mare

Vicino al pontile mobile riservato ai nuotatori del 31 Dicembre, spiccava lo scafo d’un peschereccio, ingombro a sua volta di rifiuti. Non è un caso isolato: più zone del litorale catanese presentano altrettanti segni d’inciviltà. E’ il caso della baia di Capomolini, sito d’interesse storico e sede di un itinerario subacqueo (attrezzato anche per ipovedenti)  lungo il quale si trovano otto ancore in ferro, datate tra l’età romana repubblicana e il medioevo. Anche qui il fondo marino è spesso punteggiato da rifiuti plastici e copertoni; sebbene l’area intorno al porticciolo sia più pulita rispetto ad Ognina, la presenza di un sito archeologico imporrebbe ulteriori attenzioni.

Il relitto di un aereo presumibilmente della seconda guerra mondiale

Invece si continua ad ancorare su reperti archeologici, i cui cocci è facile ritrovare in mezzo alla posidonia; altra questione sottovalutata è la presenza in zona di alcuni spezzoni incendiari inesplosi, risalenti alla II Guerra Mondiale. Capomolini appartiene all’Area Marina Protetta “Isole Ciclopi”, il cui cuore è ovviamente Acitrezza. Ma anche il suo porticciolo non versa in condizioni migliori. Il primo impatto lo danno gli isolotti d’immondizia incuneati tra gli ormeggi, poi l’attenzione è calamitata da un barcone parzialmente sommerso e in parte smantellato.

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“Quella barca trasportava immigrati clandestini”, spiega il Emanuele Mòllica, direttore responsabile dell’AMP “Isole Ciclopi”. “E’ stata confiscata e consegnata dalla Prefettura all’Agenzia delle Dogane. Come ente ci siamo occupati, con gli ambientalisti del Movimento Azzurro, della rimozione di alcuni frammenti galleggianti. Ma questi, per ragioni legali, non sono smaltibili. Tra l’altro, lo scafo era già stato spogliato abusivamente delle parti in qualche modo rivendibili”.

Secondo la Guardia Costiera, l’imbarcazione sarebbe ora in corso di demolizione. Della pulizia dei fondali, Mòllica afferma essersi occupato in prima persona: iniziative molto sentite dalle associazioni subacquee catanesi e praticate da diversi anni. Nessuna figura professionale se ne occupa a tempo pieno, ma gruppi di volontari: tra questi emerge Pro Natura Mare Nostrum, che recupera principalmente reti da pesca. Quanto al problema sempre attuale del bracconaggio, continua il direttore dell’AMP: “Ad Acitrezza due-tre soggetti ben noti pescano di frodo: raccolgono ricci e occhi di bue, rivoltano le pietre e così stravolgono il fondo. Uno di questi individui ha accumulato circa 70 mila euro di multe e 13 avvisi di reato. Però, chi risulta nullatenente, ovviamente non paga. Bisognerebbe coglierli in flagranza di reato, ma a volte si tratta di pregiudicati senza alcuno scrupolo”.

Un progetto di monitoraggio, promosso dal Ministero dell’Ambiente, permetterà l’installazione, in 14 aree protette, di telecamere collegate col Comando carabinieri per la tutela dell’ambiente; ad Acitrezza l’iniziativa è in via di attivazione. Di rimozione dei relitti parla più ampiamente il capitano Michele Maltese, della Guardia Costiera. “Intanto, la presenza di batterie d’automobile o elettrodomestici sui fondali denota l’incuria dei proprietari. La stessa per cui evitano la manutenzione delle barche finché non affondano; il recupero ha costi notevoli ed è più facile abbandonarle. Noi notifichiamo un’ingiunzione di recupero al proprietario; ma, se questo non viene identificato, la spesa è a carico dello Stato”.

Ma a chi spetta la rimozione? “Tramite gara d’appalto si stabilisce quale ditta privata si occuperà del lavoro; talvolta si scoprono irregolarità o collusioni mafiose della ditta, che così perde l’appalto. Così i tempi si dilatano”. La pesca di frodo rientra in un quadro ben più ampio d’illegalità: “I pescatori subacquei sono relativamente rari, rispetto a quelli terrestri in zone vietate; ma sono reati molto meno gravi della pesca con esplosivo o reti derivanti”, chiarisce l’ufficiale. Tali reti, lunghe anche decine di chilometri, vengono lasciate alla deriva dai pescherecci; pescano anche a 100 metri di profondità.

Più distruttive le spadare, vietate dall’Unione Europea ma ancora in uso. In questi casi si effettuano controlli ai punti di sbarco, poi reti e pescato vengono sequestrati. Anche per i bracconieri è previsto il sequestro di pescato e attrezzatura, oltre a multe fino a 2000 euro.

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06 Aprile 2015, 16:27

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