Gli arresti, dopo l’ultima strage di migranti – la più atroce di sempre – non lasciano dubbi. Esiste una mafia che si arricchisce sul dolore, che conta sul cinismo dei suoi picciotti e sulla rete smagliata della nostra solidarietà. Il giro d’affari è immenso: si parla di qualcosa come 34 miliardi di dollari. La sua pervasività non conosce ostacoli. Può contare sulla violenza di chi organizza la tratta di esseri umani e sulla debolezza di chi non sa trovare antidoti per contenerne il veleno, escogitando un modo che salvi il principio del soccorso e la sua concreta attuazione.
La mafia, dunque, c’è. Affonda i suoi artigli nella pelle dei migranti che qui vengono per cercare aiuto. E’ una meccanica di precisione, una bocca che inghiotte corpi, per sputare soldi. Il guadagno dello scafista si incrocia con le più vane aspirazioni della bontà che quei necessari antidoti non rintraccia mai. Questo è il conto che non torna: la catena di morti nel mare di Sicilia è retta a una estremità dai carnefici e dall’altra da chi mostra di avere a cuore le vittime.
Un altro conto non torna: se c’è la mafia, dov’è l’antimafia? Una scintillante antimafia gonfiò le bandiere della rivolta all’indomani delle stragi del ‘92. Anche allora c’erano i corpi senza vita, la pelle artigliata di una terra che era stata ferita a morte. E ci fu una rivoluzione che era soprattutto un capovolgimento delle coscienze. I siciliani, per un momento, presero un’altra strada, poi la smarrirono, ma questa è già un’altra storia.
Ora ci sono ancora cadaveri, non su un’autostrada, in mezzo al mare. I graffi alla civiltà sono profondi, arrivano all’osso. C’è una Cosa nostra di colore diverso che riduce in schiavitù gli uomini. Mancano la ribellione, la presa di coscienza e la reazione civica. Latitano le bandiere da opporre alla violenza, anche solo come testimonianza. E’ assente la consapevolezza che di mafia si tratta e che dunque dovrebbe esserci un’antimafia di liberazione a contrastarla. Invece non c’è questo sale della terra. Le lacrime svaniscono il giorno dopo. I nomi dei troppi morti, con le preghiere che li accompagnano, hanno la trasparenza di un’eco sull’acqua.

