La caduta del Pd a Palermo | Tra le scissioni e la Primavera

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10 Maggio 2012, 09:17

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La tornata elettorale che ha massacrato i grossi partiti, non ha risparmiato il Pd. Un partito che nei mesi scorsi, a dire il vero, aveva già provato più volte a farsi del male da solo. Prima con la storia del referendum sul sostegno a Lombardo, poi con la vicenda (in qualche modo legata alla precedente) della scelta del candidato da appoggiare alle primarie, infine con la richiesta giunta da un’ala del partito di dimissioni del segretario regionale. “Ma io non ho mai detto che mi dimetterò” ha spiegato a Live Sicilia, Giuseppe Lupo. Fatto sta che i democratici si sono presentati alle amministrative con un “capo” messo fortemente in discussione, e una turbolenza interna evidente.

E non è da escludere che, al di là di un generalizzato calo dei partiti tradizionali, registrato in tutta Italia, queste divisioni e queste polemiche non abbiano giovato a un partito che ha “pagato” in termini di consenso.

Il 7,8 circa raccolto dalla lista dei democratici al voto per Palermo, al di là della diplomazia di rito, non può certo soddisfare i vertici del partito. Un risultato che non migliorerebbe di molto nemmeno considerando l’esistenza della lista “Ora Palermo per Ferrandelli”, nella quale si possono rinvenire candidati riferibili al Pd. Ma un rapido confronto con le ultime amministrative descrive comunque quasi un dimezzamento dei voti del partito. Un partito che nel 2007 non esisteva, ovviamente. Ma le due forze che di lì a poco, fondendosi, avrebbero creato il Pd (i Democratici di sinistra e la Margherita) cinque anni fa avevano ottenuto, complessivamente, il 16%.

Per intenderci, solo i Ds, in quella tornata avevano raccolto molto di più dell’attuale Pd: il 9,44%. In termini di preferenze, si parla di uno scarto di oltre dodicimila voti. Che diventano addirittura 35 mila, se si sommano, appunto, quelli della Margherita.

Trentacinquemila voti dispersi, mese dopo mese, tra crisi interne ed esterne. Tra alleanze non sempre accettate dalla “base”. Da un’assenza di “linearità” denunciata anche da alcuni esponenti dello stesso partito. A cominciare, ad esempio, dal senatore Enzo Bianco, che nel commentare il grande successo al primo turno di Leoluca Orlando, ha puntato l’indice contro il proprio partito: “Le primarie non possono essere usate come unico mezzo per risolvere i problemi politici. Utilizzarle, come a Palermo, senza chiarire l’equivoco di fondo sulla politica regionale è stato un grave errore”.

E l’equivoco di fondo è sempre quello: l’alleanza con Raffaele Lombardo. La vera frattura che ha finito per dividere in maniera chiara le fazioni del partito. Da un lato, la linea del segretario regionale Giuseppe Lupo, che ha pagato probabilmente con le dimissioni la scelta di sostenere alle primarie Rita Borsellino, poi sconfitta; dall’altra parte, ecco l’area di Cracolici, Lumia e Cardinale, che già il giorno dopo le primarie avevano sostanzialmente chiesto la testa di Lupo, e rinsaldato quell’asse “con i moderati e gli autonomisti” tenuto in piedi alla Regione. Un’alleanza “suggellata” a Palazzo d’Orleans anche da una plateale stretta di mano tra il capogruppo Cracolici e il presidente Raffaele Lombardo, nel giorno in cui entrambi concordavano sulla necessità di accelerare verso le elezioni regionali. Sono passate appena due settimane.

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“Veramente io le elezioni anticipate le chiedo da tempo”, era stato però il commento di Lupo in quel caso. Insomma, finalmente le due anime del Pd sembravano un tutt’uno. Macché. I democratici si sono divisi anche su quello. Cracolici, infatti, ha sposato l’idea di Lombardo sulla necessità di non “ricopiare” in chiave regionale le alleanze che si formeranno a Roma. Lupo, ovviamente, la pensa diversamente: l’alleanza alla Regione dovrà rispecchiare quella nazionale. Una riedizione della foto di Vasto (Pd insieme a Idv e Sel)? O un avvicinamento al Terzo polo? Sul tema, è intervenuto lo stesso presidente Lombardo: “Il Pd nell’alleanza di Vasto perde sicuramente. Se vuole vincere, deve stare con noi”.

Ma nel frattempo si sono celebrate le elezioni palermitane. Che hanno lasciato il segno. E che potrebbero influenzare in maniera decisiva i rapporti di forza all’interno dei vertici regionali del Pd. Perché è indubbio che oggi la figura di Giuseppe Lupo, uscita assai impolverata dal ciclone primarie, recupera brillantezza: la “sua” candidata al consiglio Comunale, Teresa Piccione, ha fatto il pieno. Quasi duemila voti, ma soprattutto un netto distacco inflitto ai candidati riconducibili ai vari Cracolici, Cardinale e soprattutto Lumia (Filoramo, Tanania, Alotta). A dimostrare, con i numeri, l’esistenza di una base ancora assai vicina a Lupo.

Nonostante quelle dimissioni che pendono sul capo del segretario. E che lo stesso segretario, oggi, allontana: “Se ho la maggioranza vado avanti”. Così, se alla luce dei fatti s’è rivelato un errore il sostegno alla Borsellino, la schiacciante vittoria di Orlando offre altri elementi di valutazione: l’alleanza del Pd con Idv (e magari con Sel, che ha però svoltato sul sostegno a Ferrandelli) oggi, infatti, si sarebbe tradotta in una schiacciante vittoria al primo turno del centrosinistra.

E non a caso, il successone di Orlando, il risultato tutto sommato modesto di Ferrandelli (nonostante l’approdo al ballottaggio), il travaso di voti dal Pd all’ex sindaco, delineano i contorni di un nuovo errore strategico, di un’occasione sfumata. Almeno, questo emerge dalle parole della senatrice Anna Finocchiaro, ultima candidata del centrosinistra alla poltrona di Palazzo d’Orleans: “A questo punto, forse, il Pd farebbe meglio a sostenere Leoluca Orlando”. A breve giro di posta, ecco la presa di posizione del segretario provinciale del partito Enzo Di Girolamo: “Sono profondamente amareggiato dalle dichiarazioni di autorevoli esponenti nazionali, che più di altri dovrebbero avere senso di responsabilità e rispetto per le scelte del partito. Comunque, a scanso di equivoci, ribadiamo che il Pd di Palermo è al fianco di Fabrizio Ferrandelli”.

Una scelta che non convince Alessandra Siragusa, che invece ha rilanciato: “Di Girolamo ha fatto un’analisi del voto? Si è chiesto perché il Pd è crollato? Uno dei motivi è l’appoggio al governo Lombardo. L’immagine del partito, poi, è stata deteriorata dal disfacimento dei rapporti interni sull’appoggio al governo regionale ma anche da una campagna elettorale fratricida, in cui si è polemizzato più con Orlando che con il centrodestra. L’abbraccio con Lombardo si è rivelato mortale per il Pd ed è urgente prenderne atto”. Ma è anche su quell’abbraccio che si è giocato il destino del segretario del partito Lupo, che il 27 potrebbe rassegnare le dimissioni. Potrebbe. “Orlando fa il pieno di voti – ha detto infatti Enzo Bianco – anche per la sua chiara posizione contro il sostegno al governo Lombardo, la stessa di chi nel Pd già da un anno ha chiesto il referendum tra gli elettori democratici. Piuttosto che chiedere le dimissioni di Lupo, – affonda – chi ha provocato questa annunciata debacle dovrebbe fare un passo indietro”.

Insomma, altro che dimissioni di Lupo, dovrebbero essere Cracolici, Lumia e Cardinale a cospargersi il capo di cenere. Perché in molti ormai temono (e qualcuno, in verità, suggerisce) che in vista del ballottaggio il partito possa andare incontro alla nuova emorragia di consenso. Verso il professore che ha massacrato gli altri partiti.

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10 Maggio 2012, 09:17

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