Viviamo in balia dell’immaginario collettivo, succubi del populismo comunicativo - Live Sicilia

Viviamo in balia dell’immaginario collettivo, succubi del populismo comunicativo

La formazione di un'opinione generalista diversa rispetto alle singolarità che lo costituiscono

PALERMO – Esiste un’importante dimensione comunicativa che in qualche modo oggi è divenuta centrale nel dibattito sociale, assumendo una propria forma e sostanza, ma ancora scarna di una definizione precisa. Quella che possiamo definire “immaginario collettivo”, in qualche misura, una verità riflessa. Ci riferiamo a quell’idea generalizzata che nasce dalla sintesi percettiva di più pensieri, che parte da un pensiero personale, ma che al momento che viene condiviso con gli altri assume una propria diversa identità, che spesso non è neanche lontanamente vicina a ciò che pensiamo veramente.

Dall’attività percettiva nascono le singole opinioni, dalla mescolanza tra più opinioni nasce l’immaginario collettivo che spesso è un’altra opinione, un’altra verità. L’immaginario collettivo, di fatto, rappresenta la formazione di un’opinione generalista diversa rispetto alle singolarità che lo costituiscono.

Per comprendere meglio, potremmo fare l’esempio delle voci di una piazza affollata, di gente che protesta per qualcosa o contro qualcuno. Da lontano la voce appare univoca e roboante, ma se ci soffermassimo a chiedere un’opinione specifica ad ognuno dei presenti, ci accorgeremmo come quasi certamente ognuno di essi avrebbe un’idea diversa l’una rispetto all’altra, o comunque più articolata rispetto alla voce univoca che esce nel suo complesso dalla piazza. La voce di piazza è di fatto l’immaginario collettivo, a cui non bisognerebbe mai appiattirsi, rivendicando sempre la propria opinione, la personale coscienza comunicativa che è quella che si avvicina di più alla verità. Verità, che ricordiamo è il fondamentale punto di partenza per comunicare con efficacia e successo.

Ciò non toglie che la tendenza prevalente resta quella che oggi ci spinge a comunicare, e recepire, sempre più condizionati dalla sfera dell’immaginario collettivo, quante volte si sente dire “forse non sarà vero ma è quello che la gente pensa”. Dove per vero si intende il pensiero del singolo, per quello che la gente pensa, l’idea generalista che si è formata dall’appiattimento lessicale e culturale da cui essa stessa si genera, che è per l’appunto l’immaginario collettivo.

Ciò non vuol dire che i messaggi che escono dall’immaginario collettivo non siano capaci di produrre effetti o determinare realtà, anzi ne hanno una forza amplificata, solo che si riferiscono a una verità poco matura e superficiale, ma comunque capace di creare messaggi distorcenti quanto travolgenti, cioè capaci di cavalcare la così detta onda emotiva del momento, oggi generalmente chiamata populismo, che proprio per la propria superficialità si trova ciclicamente a cambiare i propri messaggi o il proprio punto di focalizzazione comunicativo.

Oggi il populismo è diventato una precisa forma strategica di comunicazione. Il rischio che questo porta con sé sta nel fatto che se non se ne fa un buon uso, se non lo si interpreta come porta di transito per un livello superiore di analisi sociologica, rischia in realtà di rallentare fortemente l’intero percorso evolutivo sociale, facendo dissolvere la singola coscienza dell’individuo e conseguentemente scontornando il concetto di libertà individuale di valutazione e libera scelta.

Bisogna smettere di cercare consenso all’esterno il consenso bisogna cercarlo dentro di se, certo questo comporta un grande conflitto e spesso andare contro corrente senza cercare il plauso degli altri, ma ciò di fatto vuol dire non essere banali essere riusciti ad essere originali in una propria idea in un proprio progetto. È necessario essere inquieti per non correre il rischio di divenire inquietanti, scontati, banali, uniformati.

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