Vitrano, si decide sulla scarcerazione - Live Sicilia

Vitrano, si decide sulla scarcerazione

La presunta tangente
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Deciderà entro venerdì prossimo il Tribunale del riesame di Palermo, presieduto da Gioacchino Natoli, sull’istanza di scarcerazione presentata da Gaspare Vitrano, il deputato regionale del Pd finito in manette un mese fa per aver intascato una mazzetta per il fotovoltaico. Nell’udienza di questa mattina, durata oltre due ore, il legale di Vitrano, Vincenzo Lo Re, ha presentato tre faldoni di documenti che dimostrerebbero gli interessi del deputato nel fotovoltaico e che quella intascata non era una mazzetta ma una parte del ricavo dei suoi investimenti.

Lo Re ha anche depositato l’agenda di Vitrano e un corposo fascicolo elaborato dalla difesa di Mario Bonomo, anche lui deputato, coinvolto nell’inchiesta dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni di Piergiorgio Ingrassia, l’ingegnere che avrebbe fatto da mediatore per la tangente tra Vitrano e l’imprenditore. Bonomo, Vitrano e Ingrassia, come dimostrano anche le visure camerali, sono soci in una società del fotovoltaico: la Green srl. I due deputati detengono il 40% ciascuno, mentre l’ingegnere ha il restante 20%. Bonomo, pur non essendo indagato, ha nominato come suo difensore Angelo Mangione e ha elaborato un faldone di documenti in cui ammette di avere interessi nel fotovoltaico, di far parte di questa società attraverso suo nipote, Marco Sammatrice, e di aver aperto un conto in Svizzera assieme a Vitrano e Ingrassia per depositare i ricavi della società. La circostanza è stata confermata anche da Vitrano che proprio su questo ha incentrato la sua difesa. In particolare, ha detto Lo Re, “come poteva chiedere tangenti a Ingrassia che era suo socio?”. Il pm ha invece presentato al tribunale gli interrogatori di Ingrassia, di Vitrano e la testimonianza dei fratelli Campanotta, due imprenditori a cui Ingrassia accenna nelle intercettazioni. “Guardi glielo spiego così si tranquillizza – dice Ingrassia all’imprenditore che ha denunciato la richiesta di tangenti – Questi lavori privati potevano essere fatti da chiunque, loro (i politici) avevano la possibilità di scegliere chi fare questi lavori, gli hanno dato questa possibilità, alcuni li hanno fatti la Camedil dei signori Campanotta che ci hanno riconosciuto tutto, tutto”. I fratelli Campanotta, sentiti dai pm, hanno però negato di aver mai versato alcuna tangente. Contro di loro – secondo gli inquirenti, citati dall’agenzia di stampa Ansa – ci sarebbero però alcuni movimenti di denaro che gli imprenditori non sarebbero riusciti a spiegare. Di segno opposto la posizione dei Campanotta: “Risulta falso – spiega Fausto Maria Amato, legale dell’azienda – che i miei assistiti non siano stati in grado di fornire agli inquirenti spiegazioni su ‘alcuni movimenti di denaro’ loro riconducibili”.

(Fonte ANSA)


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