Giallo Cimò, i 45 indizi dell'accusa |Chiesto l'ergastolo per Di Grazia - Live Sicilia

Giallo Cimò, i 45 indizi dell’accusa |Chiesto l’ergastolo per Di Grazia

La requisitoria del pm Angelo Busacca.

CATANIA – Ergastolo e tre mesi di isolamento. Questa la richiesta di pena formulata dal pm Angelo Busacca al termine della requisitoria del processo sul giallo della scomparsa di Mariella Cimò che si celebra davanti alla Corte d’Assise di Catania presieduta da Rosario Cuteri.  Sul banco degli imputati il marito della donna, Salvatore Di Grazia accusato di omicidio e occultamento di cadavere. Il magistrato ha sviscerato la delicata inchiesta giudiziaria partita dopo la denuncia di scomparsa arrivata però ai carabinieri diversi giorni dopo che Mariella Cimò fa perdere le sue tracce.

Mariella Cimò scompare il 25 agosto 2011 e la denuncia è datata 5 settembre. Secondo l’accusa Salvatore Di Grazia avrebbe ucciso la moglie al culmine di una lite scoppiata nella villa di San Gregorio e scaturita dalla richiesta della moglie di vendere l’autolavaggio di Aci Sant’Antonio, luogo che secondo i pm l’uomo utilizzava per le sue relazioni extraconiugali. “Liti che erano frequenti” ha evidenziato Busacca durante la requisitoria. E’ questo elemento è uno dei 45 pilastri su cui si fonda l’apparato probatorio.

Indagare sulla vita privata del Di Grazia non era volto a dare un giudizio morale della vicenda e fare gossip. Busacca spiega chiaramente come l’orientamento della Cassazione e della giurisprundenza indica che l’analisi comportamentale è servita a dimostrare la condotta per certi versi irrazionale e inspiegabile di Di Grazia, rispetto alla presunta scomparsa della moglie. L’imputato – secondo la Procura – ha mantenuto un attteggiamento incompatibile con la tragedia che lo aveva colpito. Il 26 agosto si vede con Pina Grasso (colf e amante condannata per favoreggiamento) per risolvere una questione economica. E’ lo stesso Di Grazia a non nascondere le sue relazioni. Il veterinario di fiducia ha riferito agli inquirenti “le vanterie dell’ottantenne” sulle sue conquiste femminili. Mariella Cimò avrebbe scoperto le scappatelle del marito e avrebbe cercato di mettere la parola fine chiedendo la chiusura dell’autolavaggio di Aci Sant’Antonio. Di Grazia appena la moglie scompare se lo intesta. Per il pm “non c’è una spiegazione plausibile” a questa scelta.

Salvatore  Di Grazia dopo la denuncia ha degli atteggiamenti che non convincono carabinieri e inquirenti. E si sollevano gli interrogativi. Perchè consegna ai militari il telefono della moglie non funzionante e la scheda rimane in suo possesso? E perchè poi utilizza nuove schede sim? Forse per non farsi intercettare? Arriva addirittura a intestare una sim a un’altra persona.

Piene di contraddizioni – secondo il pm-  le dichiarazioni di Di Grazia, che ha accettato la sfida di rispondere alle domande del pubblico ministero. “Chi si mette contro di me sbatte” – è una frase intercettata di Di Grazia che cita il magistrato. L’ottantenne si è vantato più volte della sua “cultura e intelligenza”. Ma le sue dichiarazioni sono entrate negli atti del processo grazie a questa scelta. Perchè all’inizio dell’indagine non aveva un difensore e quindi le sue dichiarazioni non erano utilizzabili.

Angelo Busacca parla di alibi fallito (che non si è riuscito a provare) e dell’alibi falso che è stato smentito dalle indagini. Insomma per l’accusa Di Grazia ha mentito sin dall’inizio. Pieno di bugie il racconto del 25 agosto 2011: le telecamere dei vicini smonterebbero la sua versione sugli orari di uscita e di entrata nella villa.

Mariella Cimò amava i suoi cani. Tutti i testi ascoltati concordano su un fatto: “Mariella non avrebbe mai abbandonato i suoi animali”. Questo è un fattore che secondo l’accusa smonta l’ipotesi della difesa sull’allontanamento volontario della donna. A confutare ulteriormente questa ricostruzione sono le registrazioni del sistema di videosorveglianza dei vicini dei coniugi Di Grazia. Mariella non si vede mai uscire da quella casa. Per l’accusa poi la zona circostante alla villa è impervio. Gli stessi giudici – ha evidenziato Busacca- lo hanno potuto constatarlo durante l’udienza che si è svolta nel giardino.

In quello stesso giardino dove diverse volte sono andati i Ris di Messina con il georadar per poter trovare il corpo di Mariella Cimò. Ma il cadavere non è mai stato trovato. Salvatore Di Grazia dopo un periodo agli arresti domiciliari è sottoposto all’obbligo di dimora ad Acireale. L’uomo, difeso dall’avvocato Giuseppe Rapisarda, ha sempre respinto le accuse della magistratura.

Il verdetto dovrebbe arrivare entro il 2016. La prossima udienza è fissata per il 21 ottobre per la discussione delle parti civili.

 


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